Cookie Consent by Free Privacy Policy website A Roma la grandiosa retrospettiva dedicata all'inventore dell'Art Nouveau Alphonse Mucha
aprile 22, 2016 - Il vittoriano

A Roma la grandiosa retrospettiva dedicata all'inventore dell'Art Nouveau Alphonse Mucha

Alphonse Mucha (1860-1939) è stato uno degli artisti più celebri dell’Europa a cavallo tra ‘800 e ‘900: combinando immagini di donne seducenti a composizioni e layout tipografici innovativi creò originalissimi manifesti. Nacque così un nuovo genere di #arte visiva fiorito nella Parigi della Belle Époque. Lo stile Mucha venne a indicare ben presto tutta una serie di opere grafiche e oggetti decorativi che arredavano le case dei cultori dell’arte a Parigi e in altri Paesi, diventando un’icona dell’Art Nouveau. Nel 1904, durante una visita negli Stati Uniti, i mass media salutarono in Mucha il più grande artista decorativo del mondo.
Mentre nel contesto dell’arte internazionale aumentava la sua fama, in Mucha crebbe forte il desiderio di contribuire all’indipendenza politica delle Terre ceche e delle vicine regioni slave divise per secoli dalle potenze coloniali. Al di là di un’opulenza di facciata e di una visione modernista espresse dall’Esposizione universale di Parigi del 1900, nell’Europa centrale e orientale le tensioni politiche montavano. Mucha credeva nell’universalità dell’arte, nel suo potere d’ispirazione e di comunicazione, auspicando la creazione di un’unione spirituale dei popoli slavi e, in ultima analisi, di tutto il genere umano. L’artista sognava un mondo migliore dove le minoranze etniche, di qualsiasi background culturale, avrebbero potuto vivere in armonia senza subire le minacce
delle nazioni più potenti. L’amore di Mucha per la propria terra e per gli ideali utopici si manifestano nel suo capolavoro, l’Epopea slava (1911-28).
Sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e con il patrocinio della Regione Lazio e di #roma Capitale, la prima grande retrospettiva dedicata all’artista ceco Alphonse Mucha è organizzata e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha.
Curata da Tomoko Sato, curatrice della Fondazione Mucha dal 2007, che ha realizzato numerose mostre su Alphonse Mucha, la #mostra che si apre al Complesso del Vittoriano - Ala Brasini dal 15 aprile all’11 settembre 2016, si compone di oltre 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative, gioielli e disegni preparatori degli arredi della Boutique Fouquet a ripercorrere l’interno percorso creativo del massimo esponente dell’Art Nouveau.
L’evento vede come sponsor Generali, special partner Ricola, sponsor tecnici Trenitalia e la Rinascente e media partner Vogue Italia.
L’evento è consigliato da Sky #arte HD.
Il catalogo è edito da Skira per Arthemisia Group.
L’artista
Alphonse Mucha è uno degli artisti più celebri dell’Europa, a cavallo tra ‘800 e ‘900: noto in tutto il mondo come uno dei padri ispiratori dell’Art Nouveau - la corrente artistica caratterizzata dall’uso di linee morbide, forme floreali e richiami fitomorfi fiorita nella Parigi della Belle Époque e poi diffusosi in tutta Europa -, fu in realtà un artista poliedrico e versatile nonché un grande sperimentatore di stili e soluzioni diverse, fermamente convinto che il valore dell’arte passa attraverso una riflessione che non rimanda esclusivamente alla sfera estetica ma che piuttosto in questa si completa.
Nato nel 1860 a Ivančice, città della Moravia meridionale allora sotto l’amministrazione austriaca, Mucha cresce come un fervente patriota che credeva nella libertà politica della sua terra e nell’unità spirituale dei popoli slavi. Una convinzione talmente radicata questa che lo porta a dedicare molto del suo tempo, delle sue energie e della sua produzione alla celebrazione di questi valori di unità, libertà e fratellanza.
Dopo una prima formazione pittorica avvenuta in patria e poi a Monaco di Baviera, nel 1887 si trasferisce a Parigi, cuore pulsante dell’arte e della cultura europea. Qui frequenta Paul Sérusier e i Nabis, i “profeti” simbolisti che intorno a lui si raccoglievano, qui conosce Gauguin e qui avverrà un incontro fondamentale che cambierà la sua vita e il suo percorso artistico.
È il Natale del 1894 e Sarah Bernhardt sta per debuttare in una nuova pièce teatrale, Gismonda. Nonostante le diverse proposte, nessuno dei manifesti disegnati per lei dai vari cartellonisti la soddisfa e in città ormai non c’è più nessuno. L’unico rimasto è Alphonse Mucha che in tutta fretta produce il manifesto. Lo stampatore ne è sconcertato: non ha mai visto nulla del genere: nella sua originale fusione di influssi bizantini e stilemi Art Nouveau, il poster appare spaventosamente moderno. Sicuramente, pensa, non piacerà all’attrice. La reazione di Sarah Bernhardt è invece immediata, chiede di incontrare Alphonse nel suo boudoir. Non appena entra, lei si alza, lo abbraccia e gli dice “Signor Mucha, lei mi ha reso immortale”. Da quel momento in poi si farà ritrarre solo da lui.
Il poster consacra Alphonce Mucha come il più grande cartellonista del suo tempo: in Francia si comincia a parlare di “Stile Mucha” per definire l’inconfondibile stile delle sue immagini. È nata nel contempo anche la “Donna di Mucha”.
Quando nel 1900 riceve l’invito all’Esposizione Universale di Parigi è all’apice della sua fama, su tutti i muri si incrociano le sue creazioni, il brand Mucha viene scelto per le più grandi campagne pubblicitarie. Ma, al di là dell’apparente visione modernista espressa dall’Esposizione, nell’Europa centrale e orientale le tensioni politiche montano e le Terre ceche e le vicine regioni slave anelano all’indipendenza. In Mucha cresce forte il desiderio di contribuire all’emancipazione del suo popolo. Qui, all’Esposizione, l’artista progetta il Padiglione dell’Uomo, una delle attrazioni principali dell’evento. Tuttavia, per il pittore ceco la commessa più importante è la decorazione del padiglione bosniaco. Più tardi affermerà: "Non mi sarei mai aspettato di trovare tra gli slavi balcanici ciò che stavo cercando così intensamente. Sulla rappresentazione della loro storia ho proiettato le gioie e i dolori del mio Paese e di tutto il popolo slavo". L’idea per Epopea slava era ufficialmente nata e non avrebbe mai più abbandonato Mucha.
Nel 1904, durante la prima delle numerose visite negli Stati Uniti (che si avvicenderanno fino al 1910) i mass media lo celebrano come il più grande artista decorativo del mondo.
Qui frequenta le alte sfere del mondo della politica e dell’alta società, ma il suo interesse per la fama e il fasto, la ricchezza, le frequentazioni importanti, ha ragione di essere solo nella misura in cui possono portargli un finanziatore per il suo ciclo celebrativo dedicato alla sua terra e ai popoli slavi al quale pensa da tempo.
Dedicarsi al suo Paese è il suo interesse primario. Nel 1910 quando torna a Praga, cura le decorazioni d’importanti sedi della città e con impegno patriottico, politico e sociale si dedica finalmente, fino al 1928, a quella che per lui è la più grande impresa della sua vita e della sua #arte, l’Epopea slava, opera colossale di venti tele (6x8 metri) che racconta i principali avvenimenti della storia slava, di cui in #mostra sono esposti dieci studi preparatori.
Con l’indipendenza della Cecoslovacchia (1918), contemporaneamente sposa le cause della neonata Nazione disegnando francobolli, banconote e altri documenti governativi. L’Epopea presentata a Praga il 14 luglio 1928 (e nascosta dai patrioti cecoslovacchi durante l’occupazione nazista), è stata conservata nel castello di Moravsky Krumlov fino al 2012, poi trasferita nel Veletržní Palác di Praga.
Mentre si dedica alla realizzazione della sua più amata creatura, anche altre sono le opere prodotte nello stesso periodo, meno note ma molto interessanti, caratterizzate da una profonda riflessione filosofica sul mondo, sulla storia e sulle creature umane. Riflessione che non gli era stata aliena neanche negli anni più gloriosi della sua fama, quando, accanto alle opere più note al grande pubblico, ai manifesti pubblicitari, agli apparati decorativi, aveva affiancato, con fede imperturbabile, le sue narrazioni intrise di spiritualità e caratterizzate da un soffuso sentimento mistico, opere dal tratto meno armonioso e lineare di quelle “stile art nouveau”, ma figlie di una profonda e sofferta interpretazione del mondo e dell’uomo.
L’universalità dell’arte e il suo potere d’ispirazione e di comunicazione, il suo essere a servizio del popolo sono alla base della poetica di questo artista che auspicava la creazione di un’unione spirituale non solo dei popoli slavi, ma di tutto il genere umano sognando un mondo migliore, dove le minoranze etniche avrebbero potuto vivere senza le minacce delle nazioni più potenti.
Mai come in questo momento storico e contesto sociale la sua #arte e la sua filosofia cavalcano l’attualità del mondo intero.
La mostra
Composta da oltre 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative e gioielli, la #mostra ripercorre con dovizia di particolari e pluralità di opere l’intero percorso creativo dell’artista attraverso sei sezioni tematiche che tratteggiano le diverse sfumature stilistiche e i diversi ambiti di azione: Un boemo a Parigi; Un creatore di immagini per il grande pubblico; Un cosmopolita; Il mistico; Il patriota e L’artista-filosofo.
Prima sezione - Un boemo a Parigi
Gismonda, La Princesse Lointaine (1896), Manifesto per Médée (1898), libri, manifesti e altri lavori incentrati su Sarah Bernhardt accompagnano il visitatore in questa prima sezione che ripercorre dapprima gli esordi del Mucha bohémien, ai margini della società francese (il termine bohémien è anche la traduzione francese di boemo) e analizza poi il successo ottenuto grazie al manifesto Gismonda, dipinto per Sarah Bernhardt che rappresenta il punto di partenza della sua fama. Oltre a una serie di locandine eseguite da Mucha per Sarah Bernhardt e ad altri lavori sempre connessi alla “divina”, la sezione presenta illustrazioni e alcuni primi disegni dell’artista, al fine di dimostrarne la solida formazione accademica.
Seconda sezione – Un creatore di immagini per il grande pubblico
L’approccio muchiano alla produzione di manifesti e alla creazione del caratteristico “stile Mucha”, è approfondito attraverso esempi d’arte pubblicitaria e pannelli decorativi. La sezione presenta tra le altre produzioni i Documents décoratifs (1902): una guida al design “pronta all’uso” dedicata agli artigiani, con l’intento di “contribuire a infondere i valori estetici nella produzione artistica e artigianale”.
Terza sezione - Un cosmopolita
Costituiscono gli elementi centrali, intorno ai quali si snoda la terza sezione, l’ascesa di Alphonse Mucha verso la fama sullo sfondo dell’Esposizione universale del 1900 attraverso una serie di lavori associati all’evento parigino e alla collaborazione con il celebre gioielliere francese Georges Fouquet (1862-1957). Qui trovano spazio anche le opere del periodo americano di Mucha, con particolare attenzione a quelle che rivelano il rapporto dell’artista con il mondo del teatro: le decorazioni per il German Theatre di New York e i manifesti per le attrici Leslie Carter e Maude Adams.
Quarta sezione - Il mistico
Sul finire dell’Ottocento Mucha si sente attratto dallo spiritualismo e diventa amico del celebre drammaturgo svedese August Strindberg la cui filosofia mistica lo influenza profondamente; molto vicino a un circolo teosofico parigino, nel 1898 entra a far parte della loggia massonica della città. In questa sezione sono analizzate le influenze dello spiritualismo e della filosofia massonica nei lavori di Mucha, particolarmente evidenti nel suo libro illustrato Le Pater. Pubblicata nel 1899, quest’opera rappresentava un messaggio sul progresso del genere umano – il modo in cui l’uomo può raggiungere la Verità universale – che l’artista indirizzava alle generazioni future, attraverso le parole del Padre nostro e le illustrazioni ispirate al simbolismo massonico. Qui sono inoltre mostrati i pastelli espressionisti dell’artista, rimasti inediti fino alla sua morte.
Quinta sezione - Il patriota
Nel 1910 Mucha torna in patria. Fin dalla sua partenza da Ivančice trent’anni prima, la vita dell’artista era stata guidata dall’idea di lavorare per la patria utilizzando l’arte, un pensiero ricorrente che ne attraversa l’intera esistenza.
Questa sezione restituisce al visitatore la dimensione patriottica di Mucha attraverso una grande varietà di lavori eseguiti per il proprio Paese, prima e dopo la sua indipendenza. Ponendo particolare attenzione all’Epopea slava, è analizzato il modo in cui l’artista arrivò alla creazione di quest’opera monumentale attraverso una grande varietà di lavori preparatori (studi di grandi e piccole dimensioni e foto documentarie e in studio).
Sesta sezione - L’artista-filosofo
Nel 1918 il sogno di Mucha si avvera perché una delle conseguenze della Prima Guerra Mondiale è la nascita della Cecoslovacchia. Da questo momento la visione dell’unità slava è estesa a tutta l’umanità e Mucha seguita ad approfondire questa tematica fino alla fine della sua esistenza.
Nel descrivere Mucha come un filosofo, questa sezione analizza le opere che esprimono gli interessi umanitari dell’artista, insieme alla sua reazione alla minaccia della guerra in un mondo in rapido cambiamento.
La #mostra si chiude con l’ultimo progetto di Alphonse: il trittico L’età della ragione, L’età della saggezza, L’età dell’amore, concepito come un monumento all’umanità intera. Nelle intenzioni dell’artista, questo lavoro iniziato nel 1936, quando la terribile ipotesi di una guerra si faceva sempre più concreta, doveva raffigurare Ragione, Saggezza e Amore come i tre principi chiave dell’umanità, la cui armoniosa combinazione avrebbe favorito il progresso del genere umano. Anche se Mucha non fu in grado di portare a termine il progetto, gli studi eseguiti per questo trittico sono ancora in grado di trasmettere il suo messaggio di pace universale.