Cookie Consent by Free Privacy Policy website YONA FRIEDMAN. MOBILE ARCHITECTURE, PEOPLE’S ARCHITECTURE
agosto 14, 2017 - Maxxi

YONA FRIEDMAN. MOBILE ARCHITECTURE, PEOPLE’S ARCHITECTURE

23 giugno 2017 - 29 ottobre 2017

YONA FRIEDMAN. MOBILE ARCHITECTURE, PEOPLE’S ARCHITECTURE

Galleria 4
a cura di Gong Yan ed Elena Motisi

Figura leggendaria, punto di riferimento fondamentale per artisti e architetti, icona dell’architettura utopica del dopoguerra

La #mostra, organizzata dalla Power Station of Art di Shanghai, e presentata in una nuove veste al #maxxi, racconta il rapporto intenso e conflittuale tra la dimensione utopica del #design e la sua realizzazione, attraverso il lavoro di Yona Friedman.

La teoria dell’architettura mobile, concepita da Friedman negli anni Cinquanta, ha messo in discussione la visione modernista secondo cui sono gli abitanti a doversi adattare a un edificio e non viceversa: attraverso bozzetti, modelli e animazioni la #mostra racconta lo sviluppo di questa teoria e, allo stesso tempo, esplora il tema dell’improvvisazione come “possibilità” nel mondo dell’architettura, da lui teorizzata sin dagli anni ‘70.


Friedman, Yona

(Budapest, 1923) è un architetto ungherese, naturalizzato francese. A partire dal 1958, anno di concepimento del suo Manifesto de l’Architecture Mobile, formula e si fa promotore dell’idea secondo cui colui che abita un luogo debba esserne l’unico ideatore e che, in quanto tale, abbia la facoltà di apportare modifiche personalizzate, muovendosi all’interno di una struttura reticolare. La sua teoria ebbe una notevole influenza sui gruppi d’avanguardia, come nel caso del Movimento Metabolista giapponese, del gruppo Archigram e di molti altri ancora. Al suo manifesto fecero seguito le pubblicazioni, in Europa, America e Asia, di oltre quaranta libri e centinaia di articoli. I suoi progetti per la Ville Spatiale (Città Spaziale), in cui Friedman elabora il concetto di struttura reticolare, furono inizialmente accolti come utopistici, fino a quando la costruzione dell’edificio del Lycée Henri-Bergson ad Angers, frutto dell’“auto-progettazione”, assieme alla realizzazione di altri progetti di più modeste dimensioni, dimostrarono come si trattasse di un’architettura realisticamente realizzabile, di mera condanna a quella mainstream.


www.maxxi.art