Cookie Consent by Free Privacy Policy website AGNETTI. A cent’anni da adesso a Milano, Palazzo Reale
agosto 16, 2017 - Comune di Milano

AGNETTI. A cent’anni da adesso a Milano, Palazzo Reale

La #mostra antologica, curata da Marco Meneguzzo con l’Archivio #vincenzoagnetti, racconta la vicenda creativa di uno dei maggiori esponenti dell’arte concettuale degli anni Settanta.


Dal 4 luglio al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di #milano ospita la rassegna antologica dedicata a #vincenzoagnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia. 


La #mostra AGNETTI. A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio #vincenzoagnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio #vincenzoagnetti, invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di #vincenzoagnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità. 


Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa”.


La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la #mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria. 


“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di #vincenzoagnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.


La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la #mostra AGNETTI. A cent’anni da adesso va in questa direzione.


L’esposizione ripercorre il sentiero mentale di Agnetti, non sempre affidandosi alla cronologia ma privilegiando il filo logico del discorso artistico che impone associazioni e salti tra periodi diversi per condurre il visitatore tra le pieghe del processo creativo.

In #mostra non potevano mancare i lavori più noti: 

-Quando mi vidi non c’ero il suo Autoritratto: feltro grigio inciso a fuoco e colorato in compagnia di altri feltri, Ritratti e Paesaggi. 

-Gli Assiomi: bacheliti nere incise con colore a nitro bianco che, attraverso paradossi, tautologie, illuminanti sintesi di pensiero, sono il contrappunto analitico della sua produzione. 

-Il Libro dimenticato a Memoria, l’opera che maggiormente sintetizza la sua ricerca sulla memoria e la dimenticanza.

-La Macchina Drogata, la calcolatrice Divisumma 14 della Olivetti i cui numeri sono stati sostituiti con altrettante lettere dell’alfabeto, facendo seguire ad ogni consonante una vocale in modo che tutte le parole ottenute casualmente dalle operazioni, anche se prive di senso logico, fossero comunque supporto di intonazione, Da semplice calcolatrice incapacitata a svolgere la sua funzione diventa produttrice di opere d’arte dal forte impatto pittorico e iconico. E accanto alla macchina drogata troviamo infatti una parte della sua produzione: semiosi, comete, dissolvenze e la bellissima istallazione dell’Apocalisse.


Tra i lavori esposti si può ammirare la stanza dedicata all’Amleto Politico: 60 bandiere di tutte le nazioni del mondo che contornano il palco da cui l’Amleto di Agnetti arringa la folla, il monologo di questo Amleto Politico recitato dalla straordinaria voce di Agnetti che riesce a far parlare i numeri come fossero un discorso, perché l’Amleto Politico, come la macchina drogata e altre sue opere, è un’operazione di teatro statico. 


Trovano posto molti dei suoi lavori più significativi fatti utilizzando la fotografia: alcuni più noti come l’Autotelefonata, Tutta la Storia dell’Arte in questi tre lavori, l’Età media di A, altri meno noti quali Architettura tradotta per tutti i popoli e altri quasi mai visti come Riserva di caccia.

Sull’uso della fotografia sono esposte opere frutto di procedimenti alterati e interrotti che esplicitamente alludono al rapporto mezzo-messaggio. Le Photo-graffie, carte fotografiche esposte alla luce e graffiate a raffigurare i paesaggi della mente occupano un posto particolare: sono tra gli ultimi lavori e tra essi troviamo Le Stagioni, accompagnate dalla poesia I dicitori, che inaugura un nuovo corso di Agnetti, più lirico e poetico. 

Una stanza è dedicata all’istallazione 4 titoli surplace: quattro grandi sculture i cui titoli sono rappresentati da fotografie che sono quattro scatti di momenti della sua performance La lettera perduta. Una di queste è stata scelta come immagine della #mostra. 


Tra le opere che rimandano alla sua ricerca sul tempo, si ricorda XIV-XX secolo, quattro affreschi del quattordicesimo secolo su cui Agnetti è intervenuto con scritte lapidarie.

Viene inoltre analizzato il sodalizio con alcuni grandi artisti per i quali ha scritto e con i quali ha collaborato tra cui Manzoni, Castellani, Melotti, Claudio Parmiggiani, Gianni Colombo e Paolo Scheggi col quale ha firmato il Trono, lavoro a quattro mani di grande forza visiva e concettuale che sarà esposto proprio a Palazzo Reale per la prima volta dopo quasi 50 anni dalla sua prima esposizione a Roma. 


Note biografiche.

Vincenzo Agnetti nasce a #milano il 14 settembre del 1926, si diploma all’Accademia di Brera e prosegue gli studi alla Scuola del Piccolo Teatro. Dall’età di 20 anni scrive poesie e si sperimenta nel campo della #pittura informale che presto abbandona disperdendone le tracce.

Dalla fine degli anni ’50 agli inizi degli anni ’60 la frequentazione di pochi amici tra cui Castellani e Manzoni gli permette di condividere ideali, progetti e aspirazioni artistiche. Nel 1959 pubblica per la rivista Azimuth i suoi primi “scritti proposizionali”, Non commettere atti impuri, la prefazione alle Tavole di Accertamento e l’Intervento per la Linea di Piero Manzoni. Nel 1962 inizia il suo periodo sudamericano dove lavora nel campo dell’automazione elettronica. E’ il periodo che egli definisce ‘liquidazionismo #arte no’ e di cui sono testimonianza i suoi quaderni di appunti dal titolo l’Assenza. Nel 1967 ritorna in Italia, continua la ricerca nel campo della critica dell’arte con alcuni scritti per amici artisti come Castellani e Melotti e con brevi saggi teorici sia pubblicati su riviste che recitati in monologhi. Sempre nel 1967 da inizio alla sua produzione artistica che si svilupperà con una intensità e una ricchezza che solo la premonizione di una fine prematura poteva spiegare. La produzione di opere si sussegue a un ritmo vorticoso che non impedisce ad Agnetti di spiegarne il senso con riferimenti precisi alla struttura e alla sua genesi.

Nel 1968 inaugura con il romanzo Obsoleto la collana Denarratori di Scheiwiller, con la copertina di Enrico Castellani e pubblica un’autoedizione della Tesi, che vedrà le stampe solo nel 1970. 

Intanto Agnetti riparte per lavoro, prima in Norvegia e poi in Qatar, esperienze brevi ma che alimentano la sua attività artistica. L’avvicendarsi di mostre e di sue presenze nelle rassegne internazionali lo spingono a cimentarsi con tipologie di lavoro che utilizzano estetiche differenti pur continuando uno stesso discorso. Dal ‘73 apre uno studio anche a New York, dove vivrà in modo intermittente, iniziando quel pendolarismo Milano-Grande Mela che sarà un motore di ispirazione importante della sua attività. Il 1 settembre 1981 muore improvvisamente a #milano lasciando un’opera incompiuta Il Lucernario e alcuni versi, scritti poco prima a New York, che terminavano così: Prima della breve sera / torneremo alle armi / Saremo in Terra in Sole in Aria. / Poi col suonatore di fiori. Forse.



L’ingresso alla #mostra è libero. Il percorso espositivo inizia al piano terra di Palazzo Reale con un bookshop - sala di lettura aperto ai visitatori della #mostra ‘AGNETTI. A cent’anni da adesso’ e ‘Giancarlo Vitali. Time Out’.


AGNETTI. A cent’anni da adesso

Milano, Palazzo Reale

4 luglio – 24 settembre 2017


Ingresso gratuito


Orari: 

lunedì: 14.30-19.30

martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30

giovedì e sabato: 9.30-22.30

(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)


Siti internet: 

www.palazzorealemilano.it

www.vincenzoagnetti.com


Catalogo: Silvana Editoriale