Cookie Consent by Free Privacy Policy website Pier Paolo Calzolari. 'Painting as a Butterfly' al Museo Madre, Napoli
july 29, 2019 - Museo MADRE

Pier Paolo Calzolari. 'Painting as a Butterfly' al Museo Madre, Napoli


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A quarant’anni dall’ultima #mostra in uno spazio pubblico a #napoli (Villa Pignatelli, 1977), la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee presenta Painting as a Butterfly, la prima grande retrospettiva dedicata esclusivamente alla produzione pittorica e disegnativa di Pier Paolo Calzo- lari (Bologna, 1943), uno dei più importanti artisti italiani contemporanei, esponente a partire dagli anni Sessanta delle ricerche afferenti all’Arte Po- vera. La #mostra del #museomadre, organizzata in stretta collaborazione con la Fondazione Calzolari e a cura di Achille Bonito Oliva e Andrea Vilia- ni, inizia al terzo piano per proseguire nelle quattro Sale Facciata al se- condo piano (entrando anche in dialogo con la prospiciente sala affrescata da Francesco Clemente) e concludersi nella Sala Re_PUBBLICA Madre al piano terra, comprendendo oltre 70 dipinti, disegni e opere multima- teriche, di cui 28 mai esposti prima in un’istituzione pubblica italiana, realizzati dalla metà degli anni Sessanta a oggi, che documentano tutti i principali cicli e fasi della ricerca dell’artista. La pratica della #pittura per Calzolari – come da lui dichiarato a Bonito Oliva nell’intervista inedita per il catalogo della #mostra – è uno “strumento di ascolto”, uno stato di “so- spensione” in grado di portare a una sintesi le molteplici articolazioni della sua ricerca, al contempo minimalista e sensuale, concettuale e barocca. Cal- zolari ha trascorso la sua giovinezza a Venezia, dove è stato influenzato da- gli effetti luministici e dal riflesso della luce sulle superfici architettoniche, elemento distintivo della #pittura veneta. Queste osservazioni lo conducono ad adottare nelle sue opere un materiale quale il ghiaccio, scelto per dare rappresentazione diretta del bianco perfetto che può esistere solo in natura e destinato a caratterizzarne la produzione successiva, così come altri materia- li, elementari e spesso organici, quali fuoco, sale, piombo, foglie di tabacco, muschio, legno combusto, noci, gusci di animali, insieme a neon e feltro. Continuando ad esplorare il suo interesse per la luce, la materia e lo spazio- tempo attraverso la scultura, l’installazione e la performance – come negli happening realizzati dal 1966, in cui spinge gli spettatori a divenire interpre- ti di quella che definirà “attivazione dello spazio” – Calzolari realizza a par- tire dagli anni Sessanta dipinti e disegni che, seppur meno conosciuti, rap- presentano una caratteristica e una componente fondamentale della sua pratica. Opere che delineano una riflessione sulle relazioni fra colore, for- ma, oggetto e ambiente, anche nel richiamo alle sperimentazioni dei Valori Plastici novecenteschi, e che non solo hanno plasmato e strutturato la sua ricerca artistica, ma che rivestono una profonda influenza sia nella defini- zione dell’arte italiana degli ultimi cinquant’anni sia verso le successive generazioni. Nei suoi dipinti e disegni Calzolari ha infatti ripercorso e libe- ramente portato a confronto elementi e concetti apparentemente antitetici quali materie naturali e rappresentazione pittorica, astrazione e figura- zione, dimensione visuale e performativa, spazio-tempo dell’opera e dell’ambiente in cui essa si inserisce, riplasmandolo.

Terzo Piano
Dopo un incipit configurato come una vera e propria “camera di pittura” – in cui lo spettatore si immerge in un ambiente totalizzante e la superficie pittorica acquisisce una consistenza reale e un’articolazione tridimensionale ed architettonica – il percorso della #mostra al terzo piano si struttura secon- do un criterio cronologico e per gruppi tematici.
Nella prima sala sono presentate alcune opere della fine degli anni Sessanta – a partire dalla riproduzione su carta da parati di Prolegomeni per una de- finizione dell’atteggiamento (1965) e da Quadro per Ginestra (1966) – che documentano una sottile reinterpretazione in chiave scenografica e immagi- nifica del New Dada e della #pop Art nordamericani, conosciuti dall’artista alla Biennale di Venezia del 1964.
Il percorso prosegue descrivendo la ricerca pittorica dell’artista fra gli anni Sessanta e Settanta e l’evoluzione, nella formalizzazione delle opere, di so- luzioni tecniche e stilistiche ritornanti su loro stesse, che restituiscono un’esperienza tanto intellettuale quanto sensoriale della #pittura. Tra tali ele- menti ricorrenti: l’oscillazione tra astrazione formale e riferimento al reale; l’uso di materiali di origine naturale e di oggetti o elementi scultorei giu- stapposti alla tela per conferirle una presenza concreta nello spazio-tempo dell’osservatore; l’adozione di campiture di colore solo apparentemente uni- formi e spesso realizzate utilizzando le più classiche tecniche pittoriche; la predilezione per una gamma cromatica dal valore inizialmente simbolico e poi, nel corso degli anni, sempre più impressionistico nella modulazione e nell’assorbimento della luce.

Le sale sono quindi strutturate come una successione cromatica che procede da opere nelle varianti del bianco – fra le altre i due Senza titolo del 1965, Senza titolo, 1967, e Lago del cuore [Lanciforme], 1968, in cui compare una foglia di tabacco sullo fondo bianco della parete – a tele blu, dal più mosso e variegato Prussia al più compatto oltremare, memore di tanti cieli medioevali e rinascimentali. Tra queste ultime: Senza titolo [Lasciare il po- sto], 1972, in cui una struttura composta da un motore ghiacciante, un uovo, una brocca di vetro e una superficie di piombo è posta davanti ad una tela blu oltremare; Senza titolo, 1978-1997, e La luna, 1980, in cui un cielo not- turno fa da sfondo ad un tavolino su cui poggia una caffettiera. In Finestra (1978), invece, l’artista sperimenta il rapporto tra la luce naturale, prove- niente dall’esterno attraverso un’apertura reale, e ciò che egli individua co- me la rappresentazione materica dell’idea di luce: una superficie dipinta di giallo che incastona la finestra. La riflessione sul giallo si sviluppa anche nelle due opere del 1978 Senza titolo, da cui emergono l’immagine di un serpentello e una piuma vera.

La sala centrale del terzo piano rappresenta una delle “eccezioni” al criterio cronologico seguito nel percorso espositivo: la tela di grandi dimensioni Monocromo blu (1979) – in cui vari strati di colori diversi e sovrapposti producono l’effetto di una superficie cromaticamente omogenea ma densa di movimenti ottici in tensione dinamica – fronteggia il trittico Haïku (2017), composto da tre mollettoni bianchi, possibile trasposizione figurativa degli omonimi componimenti della poesia giapponese, strutturati in tre versi. La compresenza e l’associazione di opere realizzate in momenti distanti nel tempo testimonia quanto l’artista abbia sempre tentato, pur con diverse mo- dalità, di rendere visibili i dati del pensiero astratto e l’essenza delle cose. Seguono le opere in cui, dalla fine degli anni Settanta e durante gli anni Ot- tanta, l’artista sperimenta la componente più istintiva della sua ricerca, rap- presentata dal “magma” cromatico – in cui spiccano ancora il giallo ed il blu, , insieme al rosso e al verde – di opere come Naturlandschaft mit Vogel (1981), Naschmarkt, le due versioni di Suprabord e di Rideau (1984), le tre versioni di La Grande Cuisine (1985 e 1986) e Veste Urbinate (1986- 1999). La fine del percorso al terzo piano è dedicata alla serie dei Capricci, termine che in musica indica una composizione libera rispetto a stile o scan- sione ritmica, mentre in #pittura fa riferimento ad una composizione in cui si alternano architetture fantastiche e visionarie rovine archeologiche, deli- neando paesaggi fittizi e uno spazio- tempo sospeso, assecondato da Calzo- lari con una sensualità barocca che ci riporta al Settecento veneziano.

Secondo Piano, Sale Facciata

Il percorso di #mostra al secondo piano si sviluppa tra la sala affrescata di Francesco Clemente e le quattro Sale Facciata, presentando Natura morta (2008) e altre opere che testimoniano non solo la profonda conoscenza ma anche la sostanziale reinvenzione della storia dell’arte, non solo europea, che sottotraccia anima tutta la produzione pittorica, scultorea e performativa di Calzolari: Omaggio a Fontana (1988), l’opera-performance Hommage (2001), Valori Plastici C Donald Duck (2005), quasi un’ironica ipotesi di pala d’altare che trascende la #pop Art a soggetto fumettistico.

Opere come Senza titolo (2006), Nachtmusik für Karine (2016) e ulteriori versioni di Haïku ci introducono agli ultimi anni della ricerca pittorica di Calzolari, che riprende e approfondisce elementi distintivi facendo conte- stualmente emergere un’incessante volontà di variazione, come nel recupero di tecniche pittoriche arcaiche, quali la #pittura al latte o alla chiara d’uovo, applicate a soggetti e momenti fondanti della sensibilità moderna, come i Valori Plastici italiani dell’inizio del XX secolo.

Ad introduzione di questa sezione, il polittico Senza titolo (2015) propone una possibile ricongiunzione fra astrazione e figurazione, ponendosi ideal- mente in dialogo – attraverso la sua compatta ma lieve policromia di matrice concettuale e poverista – con l’affresco policromo Ave Ovo di Francesco Clemente, uno dei massimi esponenti della Transavanguardia italiana, pre- sente nella collezione site- specific del Madre.

Pier Paolo Calzolari. Painting as a Butterfly
a cura di Achille Bonito Oliva, Andrea Viliani

08.06-30.09.2019

www.madrenapoli.it