Cookie Consent by Free Privacy Policy website BASTONI CHE PASSIONE. Dalla collezione di Luciano Cattaneo alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst
giugno 01, 2016 - Pinacoteca Zuest

BASTONI CHE PASSIONE. Dalla collezione di Luciano Cattaneo alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst

LA #mostra – Negli ultimi anni la Pinacoteca Züst sta portando avanti un lavoro di studio sulle collezioni presenti sul territorio che ha permesso di contestualizzare meglio quella di Rancate e di fare emergere la ricchezza del panorama artistico ticinese. Si ricordano a questo proposito le rassegne dedicate alla raccolta di Riccardo Molo (2009), di Luigi Bellasi (2013) e alle ceramiche d’autore (2014).
Questa #mostra si inserisce quindi perfettamente in questo filone, che ha visto spesso proporre tipologie varie di opere e non solo dipinti.
I bastoni da passeggio raccolti da Luciano Cattaneo hanno offerto la possibilità di svelare un aspetto curioso della moda tra Ottocento e Novecento. Per alcuni decenni il bastone è stato infatti un accessorio assolutamente imprescindibile, declinato in innumerevoli forme e materiali – legno, avorio, metallo, cuoio, ecc. – per adattarsi a ogni momento della vita sociale e da scegliere con cura, perché specchio della personalità di chi lo esibiva.

IL COLLEZIONISTA – L’avvocato Luciano Cattaneo, patrizio di Bironico, è un personaggio eclettico, con molteplici hobby e interessi. La passione per i bastoni da passeggio nasce per caso in occasione di una vacanza a Londra, visitando il celebre mercatino di Portobello, e lo porta a raccoglierne nel corso di alcuni decenni diverse centinaia. Grande sportivo – scala il Kilimanjaro –, scrive saltuariamente su alcune testate, ma il suo interesse per le cose genuine e tradizionali lo orienta soprattutto verso i quadri dell’Ottocento ticinese, gli utensili contadini, gli oggetti a forma di gufo e rapace, animali che ama e protegge. 

I BASTONI: BREVE STORIA– La #mostra si apre con un cratere apulo del IV secolo a.C., che testimonia la costante presenza del bastone nella storia dell’umanità e la sua ricorrenza, in epoca classica, quale attributo delle divinità: sul lato principale sono raffigurati un satiro che regge il tirso, un bastone sacro legato al dio Dioniso (Bacco per i romani) di corniola con pigna nel finale, e una menade, mentre sull’altro lato due personaggi in conversazione si appoggiano a dei bastoni.
“Già dalla remota antichità il bastone era simbolo di potere, sia politico che religioso. Si pensi a imperatori, papi, capi tribù, che lo esibivano quale segno di distinzione. A partire dal Settecento, e segnatamente nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, il bastone ebbe poi una larghissima diffusione presso tutti i ceti sociali e la produzione si fece eterogenea e quanto mai fantasiosa. Al di là della loro primordiale funzione di sostegno e di rudimentale difesa, presero infatti corpo quelli impreziositi da lavorazioni accuratissime e da materiali di pregio, in aggiunta a quelli cosiddetti professionali, o animati e a sistema, ossia muniti degli accessori più impensabili e stravaganti, e quindi trasformabili in attrezzi vari o perfino in armi da sparo o da taglio. Vastissima fu poi la produzione di bastoni quali accessori di eleganza, sia maschile che femminile, da esibire in società. Come ogni cosa, anche la moda del bastone ebbe poi una fine. Il declino iniziò dopo la seconda guerra mondiale” (Luciano Cattaneo).
Il fascino di questo elemento è tanto forte che lo scrittore Giuseppe Scaraffia gli ha dedicato un intero capitolo nel suo recente libro Il demone della frivolezza: qui si allinea una carrellata di celebri utilizzatori di bastoni da passeggio – scrittori, artisti, filosofi, pensatori – e si ricorda che i dandy – e Oscar Wilde ne è un celebre esempio – lo brandivano ancora, considerandolo un erede, più elegante, della spada per tanti secoli sfoggiata dai gentiluomini. Uno degli ultimi a rendere omaggio al bastone da passeggio è Salvador Dalì, che da giovane ne esibiva uno impreziosito da un pomo di cristallo. 
Le signore amavano spesso sostituirlo con un grazioso ombrellino, come si può vedere in #mostra in alcune fotografie e nel frizzante ritratto che #giovanniboldini dedica a un’elegante esponente dell’alta società.

TIPOLOGIE – I bastoni potevano essere realizzati con i più disparati materiali, in forme e tipologie che permettevano alla fantasia degli artisti-artigiani di spaziare senza limiti. Nel XIX e XX secolo sono soprattutto Francia e Inghilterra a inondare il mercato di questi prodotti: pare che solo in Francia se ne realizzassero cinque milioni all’anno.
Il fusto era solitamente in legno: dall’ebano, al palissandro, al bambù, ai più nostrani alberi da frutto, al corniolo, tasso o nocciolo. Per la parte superiore, l’impugnatura, si usavano anche vetro, metallo, o avorio (sia di elefante che di ippopotamo, tricheco, balena).
Tra i pezzi sicuramente più curiosi e interessanti selezionati per la #mostra vi sono i cosiddetti “bastoni a sistema”. Essi contengono accessori che i vari proprietari potevano così portare sempre con sé: da quello del notaio con penna, calamaio e tampone, a quello del pittore con pennelli e acquerelli, a quello da picnic con cavatappi, coltello e forchetta, a quelli da difesa, che permettevano di sfoderare all’occorrenza stiletti o addirittura armi da fuoco. Molto ricercati dai collezionisti sono anche i bastoni con richiami erotici, che venivano utilizzati dai gentiluomini per recarsi agli appuntamenti galanti: uno di quelli esposti è munito di due lenti microscopiche che, scrutate in controluce, mostrano fotografie di giovani donne nude colte in atteggiamenti provocanti. I bastoni con raffigurata una civetta erano ad esempio utilizzati sulle banchine dei porti da prostitute e omosessuali quale contrassegno distintivo per farsi riconoscere dai marinai che sbarcavano.

DIPINTI, FOTOGRAFIE, ABITI E RIVISTE: LO SPIRITO DI UN’EPOCA – La rassegna intende contestualizzare i bastoni selezionati sia dal punto di vista storico che della moda: ad essi sono infatti accostate fotografie (molte del celebre fotografo Roberto Donetta: si veda la biografia allegata), riviste illustrate, dipinti, abiti coevi – tre conservati al #museo della Valle Blenio e appartenuti a due celebri signore dell’Ottocento, Caterina Pagani, moglie del proprietario della fabbrica di cioccolato Cima Norma e a Giulia Gianella, consorte dell’ingegnere Ferdinando, costruttore della ferrovia Biasca-Acquarossa – in un dialogo serrato che permette di immergersi nello spirito dell’epoca. 
Al piano terra un dandy dipinto da un autore anonimo dialoga strettamente con l’abito maschile esposto, mentre al primo piano troviamo lo scultore Vincenzo Vela ritratto intorno all’età di quarant’anni con un bel bastone dall’impugnatura in bronzo con testa di cinghiale. Filippo Ciani, fratello di Giacomo, filantropo e sostenitore della causa risorgimentale, viene ritratto con un semplice bastone in legno che sottolinea il contegno sobrio e severo dell’effigiato, da Bernardino Pasta (1828-1875): il bravo pittore di #mendrisio è stato riscoperto e sempre più studiato negli ultimi tempi anche grazie alla sua valorizzazione portata avanti dalla Pinacoteca Züst. Ricordiamo infatti che molte sue opere si celano sotto la firma degli Induno, apposta da antiquari che cercavano così di collocarli con una quotazione migliore. 
Adolfo Feragutti Visconti (1850-1924) ci presenta in Ritratto in montagna una donna munita di un Alpenstock. Il quadro è stato realizzato in atelier a partire da una fotografia scattata dall’autore. Questa e una replica di dimensioni inferiori dimostrano che il nostro dipinto è stato tagliato su tutti i lati.
 #giovanniboldini (1842-1931) declina invece il bastone in versione femminile: la sua elegante e flessuosa signora regge infatti un delicato ombrellino color panna. Boldini fa fortuna a Parigi proprio grazie a questo genere di opere, che ritraggono signore dell’alta società con brio e civetteria. La poltrona bergère dipinta era presente nel suo studio e utilizzata spesso per far accomodare i clienti.




BASTONI CHE PASSIONE. Dalla collezione di Luciano Cattaneo
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate (Mendrisio), Canton Ticino, Svizzera
Dal 1 maggio al 4 settembre 2016

Mostra e catalogo a cura di 
Mariangela Agliati Ruggia 
Alessandra Brambilla 

Segreteria e servizio di mediazione culturale
Daphne Piras 

Allestimento 
Progettazione 
Nomadesigners, Bruzella
 Realizzazione 
Sezione della logistica 
Enzio Cereghetti
 Barbara Biasibetti
 Piercarlo Bortolotti

 Ufficio stampa
 Pinacoteca Züst – Rancate (Mendrisio), Canton Ticino, Svizzera
Tel. +41 (0)91 816.47.91


decs-pinacoteca.zuest@ti.ch ; www.ti.ch/zuest 
In collaborazione con 
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo – Padova, Italia
Tel. +39 049.663.499 
info@studioesseci.net; www.studioesseci.net 

Per maggiori informazioni 
Luciano Cattaneo, Bastoni che passione, 
Fontana Edizioni SA, Lugano, 2015.



PINACOTECA CANTONALE GIOVANNI ZÜST 
CH 6862 Rancate (Mendrisio), Canton Ticino, Svizzera
Tel. +41 (0)91 816.47.91 
E-mail: decs-pinacoteca.zuest@ti.ch 
Web: www.ti.ch/zuest 

Orari e biglietti di ingresso 
Maggio e giugno:
da martedì a domenica 9-12 / 14-17. 
Luglio e agosto:
da martedì a domenica 14-18. 
Chiuso: il lunedì. Aperto: tutti i festivi.

Intero: CHF/€ 10.-
Ridotto (pensionati, studenti, gruppi): CHF/€ 8. -
Visite guidate su prenotazione, anche fuori orario.

Servizi
 Bookshop; parcheggi disponibili nelle vicinanze. 
Si accettano Euro. 
Non si accettano carte di credito.

 COME RAGGIUNGERE LA PINACOTECA ZÜST
 Rancate si trova a pochi chilometri dai valichi di Chiasso, Bizzarone (Como) e del Gaggiolo (Varese), presso #mendrisio, facilmente raggiungibile con l’ausilio della segnaletica. Per chi proviene dall’autostrada Milano-Lugano l’uscita è #mendrisio: alla prima rotonda si gira a destra e mantenendo sempre la destra si giunge dopo poco più di un chilometro nel centro di Rancate. La Pinacoteca è all’inizio della piazza della chiesa parrocchiale, sulla sinistra della strada. Rancate è raggiungibile anche in treno, linea Milano-Como-Lugano, stazione di #mendrisio, e poi a piedi, in 10 minuti, o con l’autobus (linea 524, Mendrisio-Serpiano).