Cookie Consent by Free Privacy Policy website TACCUINI ROMANI Al Museo di Roma in Trastevere il confronto tra le vedute di Diego Angeli e le visioni di Simona Filippini
novembre 04, 2019 - Museo Roma In Trastevere

TACCUINI ROMANI Al Museo di Roma in Trastevere il confronto tra le vedute di Diego Angeli e le visioni di Simona Filippini

Dal 1 novembre al 23 febbraio 2020 la raffigurazione della città nel dialogo fra il fondo di 76 dipinti di Angeli, esposti per la prima volta, e altrettante polaroid della Filippini

E’ una Roma ‘formato ridotto’ quella raccontata nell’originale dialogo frai dipinti di Diego Angelie le fotografie in polaroid di Simona Filippini,due autorilontani per contesto e forma linguistica ma accomunati dal fascino della città. Tra suggestioni, scorci e “appunti” insoliti, circa 150 dei loro lavori s’incontrano nella mostra“TACCUINI ROMANI. Vedute di Diego Angeli. Visioni di Simona Filippini”,ospitata alMuseo di Roma in Trasteveredal 1 novembre al 23 febbraio 2020.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. E’ curata da Silvana Bonfili con il coordinamento tecnico-scientifico di Roberta Perfetti e Silvia Telmon. Organizzazione Zètema Progetto Cultura. Ricerche biobibliografiche di Francesca Lombardi. Cura del progetto Rome LOVE, Chiara Capodici.

La mostra “TACCUINI ROMANI”nasce nella prospettiva di valorizzazione della produzione pittorica di Diego Angeli e in particolare della serie di 76 vedute del #museodiromaintrastevere, un nucleo acquisito negli anni 1991/1992 per la collezione del #museo (allora denominato “Museo del Folklore”). L’intero fondo viene esposto per la prima volta in questa #mostra e, in vista di un più attuale approfondimento del rapporto che da secoli coinvolge gli artisti nella rappresentazione della città, viene messo a confronto con altrettante immagini fotografiche scattate con la polaroid da Simona Filippini, a partire dal 1993, nel suo progetto Rome LOVE su Roma e le sue periferie.

Il corpus di dipinti a olio e su carta, cartone e legno, eseguiti fra il 1885 e il 1936 e dal particolare formato non più grande di una cartolina, costituisce l’unica testimonianza nota della produzione pittorica di Diego Angeli, brillante elzevirista, ritrattista elegante e raffinato degli ambienti aristocratici della Roma fine secolo XIX. Il prezioso nucleo di dipinti si compone di piccole vedute, “delicate impressioni paesistiche”, ambientate per la maggior parte a Roma, con alcune eccezioni in Sabina, nella città di Firenze e Parigi. 

Si tratta di una produzione che, pur segnata da una dimensione privata e amatoriale, evidenzia una specifica sensibilità nei confronti di una pittura ispirata dalla diretta osservazione della natura e in profonda sintonia con quella nuova concezione della “pittura di paesaggio” diffusa negli ultimi decenni del XIX secolo. 

Nel percorso espositivo le immagini di Angeli sono messe a confronto, fuori da schemi cronologici e linguistici, con la raccolta di istantanee di Simona Filippini:se nei loro personalissimi lavori risalta la diversità del mezzo artistico e del contesto storico-sociale di realizzazione, il fil rouge - che rende l’accostamento armonico - resta nella ricerca di suggestioni e di particolari atmosfere, “visioni” che Roma e la sua campagna.

Cosi, nei suoi piccoli dipinti Diego Angeli predilige scorci inconsueti, quasi “appunti in forma pittorica” per un’ideale taccuino delle sue passeggiate romane. Rispetto alla monumentalità di Roma, l’artista sceglie di privilegiare spazi più nascosti, quasi invisibili agli altri, intravisti percorrendo le vicine campagne romane o le maestose ville storiche. 

Scelta che tradisce una delle cifre profonde della sua pittura, un’originalità di sguardo che connota profondamente, ad esempio, le vedute dedicate ai luoghi maggiormente segnati dal glorioso passato della città, resi nella maggior parte dei casi secondo angolature inaspettate. A titolo d’esempio appaiono, così, Villa Ludovisi (settembre ’88), prossima a scomparire sotto i colpi del piccone demolitore, o Rovine dei Gordiani fuori Porta Maggiore (1897) In queste opere le emergenze monumentali rimangono appena accennate e confinate sullo sfondo e l’elemento dominate è costituito dalle macchie scure dei prati in primo piano e da quelle chiare dei cieli striati di nubi. 

E un’analoga impaginatura caratterizza anche altri dipinti - pure questi esemplificativi della consuetudine di Angeli di dipingere en plei air – dedicati ad angoli di ville storiche e della città entro le mura: anche qui rovine e cupole, sinteticamente schizzate, sono relegate ancora una volta sullo sfondo di una vasta distesa verdeggiante.

Anche Simona Filippini, come Angeli, ama i parchi e le vie consolari. Eppure il suo obiettivo, che scatta di preferenza al tramonto e nelle ore più tarde, cattura particolarità quotidiane e apparentemente banali, come una sedia vuota tra le colonne di uno storico palazzo del centro e le scritte luminose di un bar o di un albergo. Tutti dettagli narrativi che potrebbero trovarsi in ogni città del mondo ma che, invece, caratterizzano e identificano Roma, propria per la sua vocazione di essere unica e contemporaneamente “contenere molte città diverse.

E proprio dalla scritta di un hotel gestito da cinesi nella zona di Piazza Vittorio “Rome LOVE”, parte l’omonimo progetto fotografico sulla città: se Rome Love è una visione notturna che sembra un fotogramma rubato al cinema asiatico, l’intero lavoro della Filippini è costituito da visioni che passano come le immagini di molti film in un racconto corale. 

Lo sguardo della fotografa romanaritrae uno spazio in mutazione, quasi inafferrabile, come lo scorrere del fiume Tevere che attraversa la città, uguale ma sempre diverso. 

Uno sguardo affidato all’automatismo di apparecchi Polaroid. “Lavorare con la Polaroid” scrive Chiara Capodici “significa provare ad afferrare lo scorrere di un fiume, fermarlo per vederlo subito emergere, a volte quasi come pura astrazione, in una visione ampia che respira avvicinando l'antico, il monumentale, il contemporaneo e i dettagli che fanno la vita quotidiana, il familiare e quanto ancora sembra sconosciuto”.

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