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maggio 29, 2020 - Esh gallery

Note estetiche tra arte e funzionalità

Nel Settecento Kant dichiarò con convinzione che un oggetto poteva essere giudicato esteticamente espressivo solo per l’assenza di una precisa funzione. La portata di tale dichiarazione sancì per oltre due secoli la dicotomia funzionale/non funzionale ed è diventata una sorta di cartina tornasole per separare l’arte dalla non-arte ed in particolare del fine art nei confronti del craft.

Per Kant un oggetto funzionale poteva essere giudicato solo “giusto o coerente” implicando che le uniche considerazioni permesse fossero i giudizi sulla modalità con cui esso svolgeva la sua funzione. Questa deduzione si basa sulla premessa che gli oggetti funzionali sono oggetti dipendenti e governati da regole e leggi esterne.
Nel caso del craft tali regole sono le esigenze di contenere, coprire e sostenere e le leggi sono quelle fisiche della materia in quanto si riferiscono al materiale e alla tecnica. All’opposto possiamo collocare invece gli oggetti autonomi, ovvero le opere d’arte perché presumibilmente non soggette a leggi dettate da qualche fonte esterna, ma invece generatrici di proprie regole e condizioni che l’artista esplicita nel processo stesso di creazione.

Il filosofo tedesco sembra immaginare che le esigenze della funzione siano così onnicomprensive da non lasciare spazio al libero gioco dell’immaginazione dell’artista, il creatore è semplicemente incapace di manipolare la forma dell’oggetto per fini diversi dalla funzione. In questo senso, gli oggetti funzionali non offrono al creatore alcuna possibilità di espressione estetica: c’è uno scopo/funzione e nient’altro.

Le opere d’arte, invece, si suppone che offrano una completa libertà d’immaginazione al loro creatore – al servizio dell’espressione estetica non offrono all’artista alcun requisito o limite formale o materiale. Sembra quindi che la possibilità stessa di esprimere un giudizio sulle qualità espressive o estetiche di un oggetto, invece di limitarsi a valutare la sua “funzionalità”, dipenda dal fatto che permetta o meno al creatore la completa libertà di manipolarne la forma nel libero gioco dell’immaginazione.

Se dunque al creatore è privata la scelta, il libero arbitrio nel processo di realizzazione, viene negata anche la possibilità di esprimersi; non c’è la possibilità di “plasmare” liberamente e volontariamente l’oggetto in modo che possa essere portatore delle intenzioni del creatore di alcun significato artistico.

Gli oggetti di artigianato artistico restano comunque oggetti creati dall’uomo, anche se ispirati, come detto, alle condizioni di contenimento, di copertura e di sostegno che esistono in natura. Concettualizzarli come idee-concetti, poi forme-concetti legati alla funzione, e poi, in ultima analisi, realizzare queste condizioni come oggetti attraverso una formalizzazione del materiale fisico attraverso la tecnica è un atto intenzionale e creativo di fare e mettere in scena.

In breve, gli oggetti artigianali sono astrazioni dalla natura date dalla forma fisica attraverso una volontà umana e un intelletto umano: devono essere intesi come parte della natura e parte della cultura. Essere “parte natura, parte cultura” rende il craft nettamente diverso dalle opere d’arte. Se le opere d’arte sono tutte cultura perché inserite in sistemi di significato socialmente determinati, il craft si trova a cavallo tra natura e cultura, almeno nel senso che è determinato dalla natura ma fatto dall’uomo.

Quando guardiamo agli oggetti di diverse culture è chiaro che hanno tutte tratti formali comuni, quella che noi identificheremmo come forma funzionale. È anche chiaro che hanno una forma formale differente, che identificheremmo come le loro diverse forme stilistiche o stili. Lo stile o la forma stilistica negli oggetti d’arte esiste sempre insieme alla forma funzionale; ma a differenza della forma funzionale, la forma stilistica nasce dal regno della cultura e l’intenzione di significato, di significare. Inoltre, perché gli oggetti d’artigianato artistico sono un’incarnazione sia della forma funzionale che forma stilistica, devono essere intesi come aventi una vita sia fisica che come oggetti sociali. Essi devono essere intesi come oggetti che hanno un’esistenza come cose reali e tangibili che scaturiscono dal loro radicamento in natura, e come oggetti che hanno un’esistenza come segni che scaturiscono dal loro radicamento in un sistema sociale di stile culturale. È attraverso il loro stile che partecipano al sistema significante che è l’estetica, l’artistico. In questo senso, il craft è legato all’arte in quanto entrambi rivestono un’esistenza sociale come oggetti estetici. Eppure gli oggetti artigianali sono diversi da opere d’arte per il loro radicamento nella natura. È questo radicamento che li rende speciali perché significa che sono sia natura che cultura. In questo senso essi occupano una posizione unica nel mondo degli oggetti creati dall’uomo perché colmano l’abisso tra il mondo della natura e quello della cultura. Si trovano a cavallo tra le due, prendendo parte ad entrambi: l’opera artigianale artistica è la linea di congiunzione tra due opposti: natura/funzionalità e la cultura/arte.

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