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dicembre 07, 2020 - Viasaterna

Via Saterna- Gradi di Vuoto

“Sappiamo che lo spazio vuoto non è completamente vuoto, bensì un mare ribollente di  fluttuazioni…” Lawrence M. Krauss 

Viasaterna apre la collettiva Gradi di Vuoto con opere che tracciano un percorso multidisciplinare in cui il vuoto diventa generatore di spazio. La #mostra include gli artisti:  Marion Baruch, Alessandro Calabarese, Federico Clavarino, Gianluigi Colin, Barbara  De Ponti, Teresa Giannico, #guidoguidi, #takashihomma, Tami Izko, Kensuke  Karasawa, Mario Milizia, Wan Quiang, #elenaricci, Francesca Rivetti, Alessandro  Teoldi e Lorenzo Vitturi. 

I Gradi di Vuoto, sono temperature, sistemi di misurazione per rintracciare il vuoto e la sua  rarefazione, funzionano dall’alto verso il basso e con i loro frammenti più o meno intensi  indicano la presenza di materia distribuita nello spazio, anche nelle sue più piccole forme  molecolari che arginano il concetto di vuoto perfetto. Allo stesso modo le opere di questa  #mostra suggerisco diversi pensieri sul vuoto, il suo spazio, la sua forma ed energie possibili. 

In Preganziol Guido Guidi, cattura una stanza apparentemente spoglia in cui si studiano i  movimenti della luce insieme allo scorrere del tempo, Marion Baruch presenta l’opera  Chambre Vide ispirata all’omonima performance in cui l’artista invita alcune persone a sedere  nella sua stanza vuota prima del suo trasloco da Parigi, per riempire lo spazio con il loro incontro e le loro storie. Takashi Homma ci invita a guardare, in un orizzonte marittimo privo  di figure, in direzione della superficie terrestre del Giappone, superficie che viene ricalcata  dalla linea sottile di Kensuke Karasawa nel suo lavoro scultoreo. Le esplorazioni  pregeologiche di Barbara De Ponti provano a ricostruire alcuni micro-organismi fossili che  antecedono l’era dell’uomo, un tempo in cui la terra non era popolata, mentre la figura umana  torna protagonista silenziosa, fragile e rarefatta dei mondi di Elena Ricci, e viene  ulteriormente indagata da Wang Qiang e Alessandro Teoldi, scavando e creando spazio in  corrispondenza del volto.  

All’interno di una porzione di vuoto, Alessandro Calabrese inscrive il suo movimento e la  scansione del gesto dell’artista tra lo scanner e la cartellina colorata, anche Gianlugi Colin lascia traccia delle ripetute impressioni delle macchine rotative utilizzate per stampare i  quotidiani dando vita a striature e cromature ripetute; Lorenzo Vitturi racconta il vuoto  lasciato dalle macerie dei palazzi del quartiere di Dalston a Londra in fase di gentrificazione fotografandone i frammenti in piccoli set assemblati, pratica utilizzata anche nel lavoro di Teresa Giannico che, però da origine a diorami, utilizzando la carta per la stampa di alcuni  elementi simili a oggetti, archiviati e giustapposti in una composizione, ma che ricalcano  anche figure apparentemente vuote, come ritagli di forme. La tecnica del ritaglio viene poi  applicata alla parola da Mario Milizia che segue gli studi di Brian Gysin e William Borroughs  e che prevede di tagliare uno o più testi scritti per combinarne gli elementi in maniera  casuale, e dalla ricerca e la disgregazione di vuoto si genera ancora un nuovo spazio, in  questo caso verbale. Infine, Federico Clavarino fotografa una distesa di neve neutra, da cui  spuntano due timidi ramoscelli esposti al vento, e Tami Izko, ricalca con la materia uno  spazio che ondeggia al di sotto delle sculture, rarefatto e aereo come i Rotti di Francesca  Rivetti

Con un percorso ricco di suggestioni, Gradi di Vuoto riflette sul concetto di vuoto che non è  assenza di materia, ma spazio di energia sempre attiva, intervallo al contenuto, vive  nell’indagine al confine con il visibile e ci interroga come spettatori all’interno dei suoi  passaggi. 

GLI ARTISTI 

MARION BARUCH 

Timisoara, 1929. Vive a lavora a Gallarate, Varese. 

Iscritta all’Accademia di Belle Arti di Bucarest, nel 1949 trova rifugio in Israele dove continua i suoi  studi alla Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme. Nel 1954 si trasferisca a Roma  dove studia pittura all’Accademia di Belle Arti. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70  realizza una serie di sculture di grandi dimensioni e alcune opere fondamentali per la sua carriera:  Contenitore-Ambiente (1970) e Vestito-Contenitore (1970). Grazie a questi lavori viene invitata dal  visionario produttore di design Dino Gavina a partecipare a Ultramobile, progetto incentrato su un  gruppo di oggetti non-oggetti disegnati da grandi maestri. Questa esperienza marca indelebilmente  l’opera di Baruch, che diviene sempre più concettuale e sviluppa uno spiccato interesse nei  confronti della produzione industriale come dimensione imprescindibile della creazione  contemporanea. Dopo una fase di transizione in cui il concettuale si mescola alla pittura e alla  scultura in opere come Rembrandt (1978-1982), Monitor, Bandiere, Pedane (1985 -1989), nel  1989 Baruch incontra il gallerista Luciano Inga Pin con cui lavorerà per diversi anni. Il confronto  diretto con il mercato dell’arte avrà grande influenza sull’opera dell’artista che nel 1991 fonda il  marchio Name Diffusion, con l’obiettivo di rendere visibile la catena di produzione dell’opera d’arte.  Dal 1993 al 2012 lavora e vive a Parigi ed espone in importanti mostre tra cui Femmes Publiques  presso il Palais De La Femme (1994). In questi anni si interessa sempre più a tematiche socio politiche, dando vita a progetti che toccano temi di attualità quali la genetica, l’immigrazione e il  fenomeno dei “sans papiers”. Le ultime fasi del suo percorso artistico sono segnate da una  progressiva perdita della vista. A partire dal 2012 si dedica ad una serie di lavori costituiti da scarti  tessili provenienti dagli atelier di confezione delle grandi case di Prêt-à-porter che l’artista  reinventa e allestisce facendo affiorare immagini, volti, memorie del passato. #marionbaruch ha  esposto in spazi pubblici e privati ed importanti istituzioni tra cui Kunstmuseum (Lucerna), Mamco  (Ginevra), Magasin (Grenoble), Palais de Tokyo (Parigi), Galleria Nazionale d’Arte Moderna  (Roma), Mambo (Bologna), Gröninger Museum (Groninga, Olanda), Turner Contemporary  (Margate, UK), Fri-Art Kunsthalle (Friborgo, Svizzera), Kunst Werke (Berlino), Maga (Gallarate).  L’archivio dell’opera di #marionbaruch è in corso di allestimento sotto la guida del curatore svizzero  Noah Stolz. 

ALESSANDRO CALABRESE 

Trento, 1983. Vive e lavora a Milano. 

Dopo la laurea in Architettura allo IUAV di Venezia, nel 2012 ottiene a Milano un Master in  Photography and Visual Design presso NABA (Nuova Accademia delle Belle Arti) e si trasferisce  ad Amsterdam dove assiste il fotografo Hans Van Der Meer e lavora presso Paradox, maturando il proprio interesse per l’editoria fotografica. Dal 2015 è docente presso l’Accademia Carrara di Belle  Arti di Bergamo. Nel 2013 è finalista alla prima edizione del Premio Francesco Fabbri e nel 2014  cura insieme a Milo Montelli il libro A Drop In The Ocean, vincitore del Premio Prina ed esposto in  occasione del Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia e presso la Triennale di Fotografia di  Amburgo. Nel 2015 con lo stesso progetto è selezionato per il Premio Francesco Fabbri e viene  invitato a presentare il proprio lavoro presso Winterthur Fotomuseum in occasione di Pla(t)form.  Finalista al Prix Levallois 2015 (Parigi), pubblica insieme alla casa editrice Skinnerboox Die  Deutsche Punkinvasion poi esposto durante il Festival Fotopub di Novo Mesto (Slovenia).  Selezionato da Foam nel 2015 tra i 21 talenti emergenti della fotografia internazionale, è in mostra  presso l’Atelier Neerlandais (Parigi), De Markten (Bruxelles) e Beaconsfield Gallery (Londra) con il  progetto A Failed Entertainment. Con lo stesso progetto partecipa alla collettiva 2016 - Sulla  Nuova Fotografia Italiana presso #Viasaterna (Milano) e vince il Premio Graziadei presso il Museo  MACRO (Roma). Nel 2017 viene invitato ad esporre A Failed Entertainment durante Fotografia  Europea (Reggio Emilia) all’interno della collettiva Archivi del Futuro curata da Walter Guadagnini,  Elio Grazioli e Diane Dufour. Nella stessa occasione viene presentato l’omonimo libro, pubblicato  da Skinnerboox. Nel 2017 presenta con #Viasaterna la sua prima #mostra personale Impasse e nel  2018 partecipa a Casino Palermo, un programma di residenze ospitato a Palermo dalla galleria  milanese. Nel 2017 presenta con #Viasaterna la sua prima #mostra personale Impasse a cui  seguono ì tre mostre personali tra il 2018 e il 2019 presso la Galleria Pascal Goossens (Bruxelles),  Unseen Photo Fair (Amsterdam) ed il museo MAXXI (Roma). 

FEDERICO CLAVARINO 

Torino, 1984. Vive a lavora a Milano 

Dopo aver studiato scrittura creativa presso la Scuola Holden di Alessandro Baricco a Torino, ha  continuato a perseguire una carriera nella fotografia documentaria presso BlankPaper Escuela  diretta da Fosi Vegue a Madrid, dove insegna tra il 2012 e il 2017. Attualmente sta terminando il  suo Master of Research presso il Royal College of Art di Londra. Il lavoro di Clavarino è incentrato  tocca temi come il potere, la storia e la rappresentazione. Finora ha pubblicato sei libri: Ukraina  Pasport (Fiesta Ediciones, 2011), Italia o Italia (Akina, 2014), The Castle (Dalpine, 2016), La  Vertigine (Witty Kiwi, 2017), Hereafter (Skinnerboox, 2019) e Alvalade (XYZ, 2019). Il suo lavoro è  stato esposto in diverse parti d'Italia e d'Europa, in festival come PhotoEspaña, Les Recontres  d'Arles e Fotofestiwal Łódź, in gallerie, tra cui #Viasaterna a Milano, Temple a Parigi, Espace JB a  Geneve e musei (Caixa Forum Madrid / Barcellona, MACRO Roma). Ha collaborato con alcuni  musei per conferenze e workhop (MACRO a Roma, CCCB a Barcellona, Museo San Telmo a San  Sebastian, Victoria and Albert Museum a Londra), in alcune scuole (ISSP in Lettonia, DOOR e  Officine Fotografiche a Roma) e università (Leeds, Roehampton, Galles del Sud, Navarra).

GIANLUIGI COLIN 

Pordenone, 1956. Vive e lavora a Milano. 

Nato a Pordenone nel 1956, Gianluigi Colin conduce da molti anni una ricerca artistica intorno al  dialogo tra le immagini e le parole. Il suo lavoro nasce come investigazione sul passato, sul senso  della rappresentazione, sulla stratificazione dello sguardo. Una poetica dal forte impegno civile ed  etico, che vuole restituire all’esperienza artistica che vuole restituire all’esperienza. Personalità  eclettica, Colin è stato è stato per molti anni art director del “Corriere del Sera”, attualmente è  cover editor del supplemento culturale “La Lettura” di cui è stato co-fondatore. Tiene conferenze,  seminari e corsi universitari ed è autore di numerosi saggi, articoli e interviste dedicati all’arte  contemporanea. Sue personali si sono tenute in numerose città italiane a straniere. Tra le sue  mostre, da segnalare quelle dell’Arengario di Milano, nel 1998, al centro Cultural Recoleta di  Buenos Aires nel 2002, al Museo Manege di San Pietroburgo, nel 2003, al MADRE di Napoli, al  Bienal del Fin del Munto di Ushuaia, al Museo IVAM di Valencia nel 2011, alla Fondazione  Marconi a Milano nel 2012, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone e al  Museo MARCA a Catanzaro nel 2016. Protagonista di performance è stato invitato all’IVAM di  Valencia nel 2009 e selezionato per il Padiglione Italiana nella 54esima Biennale d’arte di Venezia.  

BARBARA DE PONTI 

Milano, 1975. Vive e lavora a Milano. 

Dopo la laurea in Pittura e un master per la Comunicazione dell’Arte presso l’accademia di Belle  Arti di Brera a Milano, si interessa alle relazioni tra pratica artistica e saperi geografici, utilizzando  per la propria ricerca fondi archivistici e ampi studi di carattere storico e scientifico. Nel 2009  realizza Planning Constellation, 45° 28’ N, 9° 12’ E, progetto di stratificazione geografica,  antropologia culturale e architettura della città di Milano e Speaking Thinks. Nel 2010 collabora con  il Planetario Hoepli di Milano per la realizzazione di La luce naturale delle stelle, vincitore di LED  Award. Nel 2011 è invitata dal Politecnico di Milano a presentare la performance Mantero_Op. cit.  2011 e nel 2014 pubblica Isolario (Ed. Postmediabooks) frutto di un lavoro di ricerca curato da  Alessandro Castiglioni e con contributi di Matilde Marzotto Caotorta, Elio Franzini ed Ermanno  Cristini. I risultati di una ricerca presso l’Archivio Capitolino e la collaborazione con l’architetto  Antonio Stella Richter sono le fonti di To Identity, installazione prodotta nel 2015 dalla Casa  dell'Architettura di Roma presso l’ex Acquario Romano. Ospitato dal Museo Internazionale della  Ceramica, dal Museo Carlo Zauli, dal Museo di Scienze Naturali di Faenza, Clay Time Code è il  suo ultimo progetto, presentato per la prima volta a Milano presso #Viasaterna

TERESA GIANNICO 

Bari, 1985. Vive e lavora a Milano

Laureata in Arti Figurative presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, si specializza in Disegno e  Pittura maturando tuttavia un forte interesse per la scenografia e il teatro e avvicinandosi a poco a  poco alla fotografia. Nel 2012 si trasferisce a Milano e frequenta il Master in Photography and  Visual Design presso NABA (Nuova Accademia delle Belle Arti) e lavora come assistente dei  fotografi Paolo Ventura e Toni Thorimbert. Dopo la partecipazione a Plat(t)form 2015 presso il  Fotomuseum di Winterthur (Svizzera) è chiamata ad esporre il suo lavoro in occasione di Fotopub  Festival a Novo Mesto (Slovenia) e Circulation(s) (Parigi, 2016). Nel 2015 è finalista al Premio  Francesco Fabbri con la serie di opere intitolata Lay Out e nel 2016 espone quest’ultima nella  #mostra collettiva Sulla Nuova Fotografia Italiana (Viasaterna, Milano). Nel 2018 è selezionata tra i  fotografi di Futures, piattaforma per la fotografia curata da Camera, ed espone ad Unseen  (Amsterdam) e a Camera (Torino). E’ artista in residenza per il progetto Casino Palermo  (Viasaterna, Palermo, giugno - luglio 2018) e successivamente partecipa all’omonima mostra  collettiva negli spazi milanesi della galleria (ottobre-dicembre 2018) a cui segue la prima personale  Kaleidos in #Viasaterna (gennaio 2019) e le mostre collettive Erosioni presso Fundaciò Enric  Miralles (Barcellona, 2019), Sguardo Lucido presso Fotohof (Salisburgo, 2019) e Photo Israel (Tel  Aviv, 2019) e per il Premio Cairo (Milano, 2019). 

GUIDO GUIDI 

Cesena, 1941. Vive e lavora a Cesena. 

Dal 1956 è a Venezia dove studia prima Architettura allo IUAV e successivamente Disegno  industriale, seguendo tra gli altri i corsi di Luigi Veronesi, Carlo Scarpa e Italo Zannier. È nel clima  vivace del periodo veneziano che decide di dedicarsi con continuità alla fotografia, indirizzando il  proprio sguardo verso gli spazi marginali e anti-spettacolari del paesaggio italiano. Dalla fine degli  anni sessanta realizza importanti ricerche personali, indagando il paesaggio e le sue  trasformazioni e sperimentando al contempo il linguaggio fotografico attraverso progetti di ricerca  legati alle trasformazioni delle città e del territorio, fra cui Archivio dello Spazio (1991 Provincia di  Milano), le indagini sull’edilizia pubblica dell’Ina-Casa (1999) e quelle per Atlante Italiano (a cura  della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea). Alla professione di fotografo  affianca da anni attività di didattica e promozione della fotografia: nel 1989 avvia a Rubiera, con  Paolo Costantini e William Guerrieri, Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea. Dallo  stesso anno è docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e dal 2001 insegna  presso lo IUAV di Venezia. Tra le altre mostre ha esposto in prestigiose Istituzioni museali italiane  e internazionali quali Fotomuseum Winthertur, Biennale d’Arte e di Architettura di Venezia, Canadian Centre for Architecture di Montreal, Guggenheim Museum di New York e Centre  Georges Pompidou di Parigi.

TAKASHI HOMMA 

Tokyo, 1962. Vive e lavora a Tokyo 

Takashi Homma è un fotografo giapponese tra i più noti e celebrati. Dopo aver lavorato a Londra  come fotografo commerciale per alcune importanti riviste internazionali, a partire dagli Novanta si  concentra sempre più sull’analisi territoriale, eseguita prima in Giappone e poi in tutti il mondo, e  sull'analisi dello stesso linguaggio fotografico che utilizza. Protagonista di una grande mostra  retrospettiva presso il 21st Century Museum di Kanazawa e la Tokyo City Opera Art Gallery. Nel  2014 inizia il progetto The Narcissistic City, pubblicato nell'aprile 2016 dall'editore inglese Mack  Books e focalizzato sull'analisi degli edifici più rappresentativi e iconici di numerose città. La  #mostra in #Viasaterna La città narcisista. Milano e altre storie è la sua prima personale in Italia e  presenta in esclusiva una nuova serie di opere dedicate alla città di Milano e realizzate nel gennaio  2017. 

TAMI IZKO 

Cochabamba, Bolivia, 1984. Vive e lavora a Milano.  

Dopo aver conseguito una laurea in cinema e giornalismo e, a partire dal 2016, ha iniziato un  periodo di sperimentazione con diversi medium avvicinandosi al discorso sulla forma in parallelo  alla scrittura. Nel contesto di questa ricerca ha iniziato a collaborare con Federico Clavarino nel  2018, sviluppando la serie Eel Soup che è stata esposta a Bruxelles, (Pinguin, 2018) in Polonia, a  Łódź (Fotofestiwal, 2018) e all’Istanbul Biennal (2019). Lo scorso anno il suo progetto On Light  and Small Lives, un racconto costituito da immagini e scrittura creativa, è stato esposto al Royal  College of Art (Londra, 2019). Attualmente sta sviluppando nuovi progetti multidisciplinari  

esplorando tematiche legate all'identità, la memoria e l'appartenenza all’ambiente urbano. 

KENSUKE KARASAWA 

Aichi, Giappone 1987. Vive e lavora a Tokyo. 

Allievo di due tra i più importanti esponenti del gruppo di artisti del Mono-ha (Kishio Suga e Tatsuo  Kawaguchi), dopo aver conseguito una laurea in Fine Art Sculpture presso il Kanazawa College of  Art, inizia ad affermare la sua pratica caratterizzata dall’utilizzo originale di materiali semplici quali  il legno, la cera e nastri di carta, assemblati tra loro per creare, attraverso la scultura, nuove  possibilità di visione. Tra le mostre personali: Kensuke Karasawa 2012-2015, Star Gallery  (Pechino, 2015), Continuous Horizon, Take Ninagawa (Tokyo, 2012 – Kanazawa, 2014),  Penetrate, Plaza Gallery (Tokyo, 2012). Tra le mostre collettive Objects In Mirror Are Closer Than  They Appear, The Three Konohana (Osaka, 2015), Nini No Fumoto - The Reflected Process,  Nagoya Citizens Gallery Yada (Aichi, 2014) e Art Award Tokyo Marunouchi, Gyoko-dori  Underground Gallery (Tokyo, 2013). Due Mondi è la sua prima #mostra in Italia.

MARIO MILIZIA 

Milano, 1965. Vive e lavora in Italia.  

Mario Milizia ha esposto il suo lavoro in Italia e all’estero in spazi pubblici e gallerie private. Tra le  mostre più significative le personali: Marsèlleria, Milano, 2014; Galerie Jousse Entreprise, Parigi,  2001, 2003, 2009; Galerie Edward Mitterand, Ginevra, 2002; Niitsu Art Forum, Niitsu, Giappone,  2000; Neon, Bologna, 1998; Soundtrack Without Film, in Viafarini, Milano, 1996. 

WANG QIANG 

Pechino, 1981. Vive e lavora tra la Germania e la Cina. 

Dopo il diploma presso il dipartimento di Printmaking alla Central Academy of Fine Arts di Pechino,  nel 1999 Qiang si trasferisce alla Kunstakademie di Dusseldorf sotto la guida del pittore tedesco  Konrad Klapheck. Nel 2004 vince una borsa di studio presso Kultur Bahnhof Eller sempre a  Dusseldorf. I suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre collettive quali MEMO II (2014) and  MEMO I (2013) presso la galleria White Space di Pechino e The Future is already here (2011)  presso Today Art Museum di Pechino. Tra le mostre personali HOLZWEGE (White Space Beijing  2013), Venus Hotel (White Space Beijing 2011), Well Lighted Places (Yun Gallery, Pechino 2010)  e Kultur Bahnhof (Dusseldorf 2004). 

ELENA RICCI 

Roma, 1973. Vive e lavora Milano. 

Completa un primo ciclo di studi, dal 1998 al 2002, a Parigi all'Ecole Nationale Superièure d'Arts  Paris-Cergy, dove fa esperienza con vari media, approfondendo il suo interesse per la pittura e per  il disegno. Fin dall'inizio la sua ricerca artistica è profondamente legata all'ambito della psicologia,  dell'antropologia, della mitologia e delle religioni. Nel 2002 torna a Roma dove prosegue la sua  ricerca artistica e prende parte a varie mostre collettive. Dal 2008 vive a Milano, dove ha esposto  le sue opere in alcune mostre personali presso Galleria Uno+Uno nel 2011 e dal 2012 al 2015 in  alcune home galleries fra cui Da Vicino. Dal 2015 si concentra sulla sua ricerca e la produzione di  nuovi progetti. 

FRANCESCA RIVETTI 

Milano, 1972. Vive e lavora a Milano.  

Attiva nel mondo della fotografia dalla fine degli anni Ottanta, tra il 1993 e il 1994 studia presso  l’Edinburgh College of Art e successivamente lavora in diversi ambiti di questo settore. Dal 2005 si  dedica esclusivamente alla ricerca, fotografando indistintamente luoghi, oggetti e persone con  l'obiettivo di riflettere sulla condizione dell'essere e i suoi molteplici stati. Tra le mostre principali:  L’altro Sguardo, Palazzo delle esposizioni (Roma, 2018), Back to Space, BACO (Bergamo, 2018), 

Look at Me, from Nadar to Gursky, Unicredit Pavillon (Milano, 2016), Breath Keepers, MLZ  (Trieste, 2014), Al di là delle immagini, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2014),  Francesca Rivetti, Da Vicino Home Gallery (Milano, 2012), No Soul For Sale, Festival of  Independent, Tate Modern (Londra, 2010). Due, Fondazione Fotografia Modena (2009), Estremi  del libro d'artista / Resoconto, Cripta747 (Torino, 2009), Terzo Paesaggio. Fotografia italiana oggi,  MA*GA (Gallarate, 2009), New Landscape, Kunst Palais (Monaco, 2006). Francesca Rivetti ,  Galleria Brancolini Grimaldi (Roma, 2005). Per Esempio, MART (Rovereto, 2005), Da Guarene  all’Etna, FSRR (2003, 2006 e 2009), L’idea di paesaggio nella fotografia italiana dal 1850 ad oggi,  Galleria Civica di Modena (2003). Il suo lavoro è presente in numerose collezioni pubbliche e  private, tra cui: FSRR, Torino; MA*GA, Gallarate; Fondazione Fotografia di Modena; Unicredit  Group. 

ALESSANDRO TEOLDI 

Milano, 1987. Vive e lavora a New York.  

Dopo una laurea presso l’Istituto Europeo di Design di Milano, nel 2013 si trasferisce a New York.  Qui studia fotografia presso il Bard College e inizia a portare avanti la propria ricerca dando vita a  progetti artistici e curatoriali tra cui Each Evening We See the Sunset, esposto a Milano presso  Spazio Morris nel 2013 e Collected Goods a New York (2014). Nel 2015 viene selezionato per una  residenza presso Baxter St – The Camera Club of New York ed in seguito a questa esperienza  inizia progressivamente a distanziarsi dalla fotografia e ad avvicinarsi ad altri linguaggi artistici tra  cui l’installazione, la scultura ed il ricamo. Dal 2016 si dedica ad una serie di lavori tessili, realizzati  utilizzando le coperte distribuite sugli aerei dalle compagnie di volo internazionali, che l’artista  trova o acquista online. La serie è una sorta di intima meditazione sui temi del distacco e  dell’appartenenza ad un certo luogo e ad una certa cultura. Recentemente il suo lavoro è stato  esposto in spazi pubblici e privati tra cui ALAC (Los Angeles, 2020), Marinaro (New York, 2020),  NADA (Miami, 2019), XX Premio Cairo (Milano, 2019), Upstairs Art Fair (New York, 2019),  Assembly Room (New York, 2019), The Cabin (Los Angeles, 2018), Jerome L. Green Science  Center (New York, 2018), Galerie Derouillon (Parigi, 2018), Newburgh Community Land Bank  (New York, 2018), Suprainfinit Gallery (Bucharest, 2018), Spring Break Art Show (New York,  2018), 11 Rivington (New York, 2017), Klaus Von Nichtssagend Gallery (New York, 2017),  Camera Club of New York (New York, 2016), Spazio Morris (Milano, 2013), Artspace (New Haven,  2013) e International Center of Photography (New York, 2013). È stato finalista per il Premio Cairo,  Milano (2019) ed è stato selezionato per delle residenze a La Brea Studio Residency e The Cabin,  Los Angeles (2018). 

LORENZO VITTURI

Venezia, 1980. Vive e lavora Venezia e Londra. 

Precedentemente pittore di scenografie cinematografiche, Vitturi ha trasposto questa esperienza  all’interno della propria pratica fotografica, basata su interventi site-specific al confine tra la  fotografia, la scultura e la performance. Nel lavoro di Vitturi la fotografia è concepita come uno  spazio di trasformazione, ove le differenti discipline si fondono assieme per rappresentare una  sempre più complessa realtà urbana. Vitturi ha recentemente esposto presso The Photographers’  Gallery a Londra, il museo Foam ad Amsterdam, presso la Galleria Yossi Milo di New York, la  Contact Gallery di Toronto ed il CNA in Lussemburgo. L’artista ha anche partecipato a diverse  mostre collettive presso il Maxxi di Roma, il Centre Georges Pompidou di Parigi, La Triennale di  Milano, il museo d’Arte di Shanghai. Dopo la collettiva Picture Perfect (Viasaterna, Milano), Droste  Effect Debris and Other Problems è la sua prima personale in Italia.

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