“Sappiamo che lo spazio vuoto non è completamente vuoto, bensì un mare ribollente di fluttuazioni…” Lawrence M. Krauss
Viasaterna apre la collettiva Gradi di Vuoto con opere che tracciano un percorso multidisciplinare in cui il vuoto diventa generatore di spazio. La #mostra include gli artisti: Marion Baruch, Alessandro Calabarese, Federico Clavarino, Gianluigi Colin, Barbara De Ponti, Teresa Giannico, #guidoguidi, #takashihomma, Tami Izko, Kensuke Karasawa, Mario Milizia, Wan Quiang, #elenaricci, Francesca Rivetti, Alessandro Teoldi e Lorenzo Vitturi.
I Gradi di Vuoto, sono temperature, sistemi di misurazione per rintracciare il vuoto e la sua rarefazione, funzionano dall’alto verso il basso e con i loro frammenti più o meno intensi indicano la presenza di materia distribuita nello spazio, anche nelle sue più piccole forme molecolari che arginano il concetto di vuoto perfetto. Allo stesso modo le opere di questa #mostra suggerisco diversi pensieri sul vuoto, il suo spazio, la sua forma ed energie possibili.
In Preganziol Guido Guidi, cattura una stanza apparentemente spoglia in cui si studiano i movimenti della luce insieme allo scorrere del tempo, Marion Baruch presenta l’opera Chambre Vide ispirata all’omonima performance in cui l’artista invita alcune persone a sedere nella sua stanza vuota prima del suo trasloco da Parigi, per riempire lo spazio con il loro incontro e le loro storie. Takashi Homma ci invita a guardare, in un orizzonte marittimo privo di figure, in direzione della superficie terrestre del Giappone, superficie che viene ricalcata dalla linea sottile di Kensuke Karasawa nel suo lavoro scultoreo. Le esplorazioni pregeologiche di Barbara De Ponti provano a ricostruire alcuni micro-organismi fossili che antecedono l’era dell’uomo, un tempo in cui la terra non era popolata, mentre la figura umana torna protagonista silenziosa, fragile e rarefatta dei mondi di Elena Ricci, e viene ulteriormente indagata da Wang Qiang e Alessandro Teoldi, scavando e creando spazio in corrispondenza del volto.
All’interno di una porzione di vuoto, Alessandro Calabrese inscrive il suo movimento e la scansione del gesto dell’artista tra lo scanner e la cartellina colorata, anche Gianlugi Colin lascia traccia delle ripetute impressioni delle macchine rotative utilizzate per stampare i quotidiani dando vita a striature e cromature ripetute; Lorenzo Vitturi racconta il vuoto lasciato dalle macerie dei palazzi del quartiere di Dalston a Londra in fase di gentrificazione fotografandone i frammenti in piccoli set assemblati, pratica utilizzata anche nel lavoro di Teresa Giannico che, però da origine a diorami, utilizzando la carta per la stampa di alcuni elementi simili a oggetti, archiviati e giustapposti in una composizione, ma che ricalcano anche figure apparentemente vuote, come ritagli di forme. La tecnica del ritaglio viene poi applicata alla parola da Mario Milizia che segue gli studi di Brian Gysin e William Borroughs e che prevede di tagliare uno o più testi scritti per combinarne gli elementi in maniera casuale, e dalla ricerca e la disgregazione di vuoto si genera ancora un nuovo spazio, in questo caso verbale. Infine, Federico Clavarino fotografa una distesa di neve neutra, da cui spuntano due timidi ramoscelli esposti al vento, e Tami Izko, ricalca con la materia uno spazio che ondeggia al di sotto delle sculture, rarefatto e aereo come i Rotti di Francesca Rivetti.
Con un percorso ricco di suggestioni, Gradi di Vuoto riflette sul concetto di vuoto che non è assenza di materia, ma spazio di energia sempre attiva, intervallo al contenuto, vive nell’indagine al confine con il visibile e ci interroga come spettatori all’interno dei suoi passaggi.
GLI ARTISTI
MARION BARUCH
Timisoara, 1929. Vive a lavora a Gallarate, Varese.
Iscritta all’Accademia di Belle Arti di Bucarest, nel 1949 trova rifugio in Israele dove continua i suoi studi alla Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme. Nel 1954 si trasferisca a Roma dove studia pittura all’Accademia di Belle Arti. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 realizza una serie di sculture di grandi dimensioni e alcune opere fondamentali per la sua carriera: Contenitore-Ambiente (1970) e Vestito-Contenitore (1970). Grazie a questi lavori viene invitata dal visionario produttore di design Dino Gavina a partecipare a Ultramobile, progetto incentrato su un gruppo di oggetti non-oggetti disegnati da grandi maestri. Questa esperienza marca indelebilmente l’opera di Baruch, che diviene sempre più concettuale e sviluppa uno spiccato interesse nei confronti della produzione industriale come dimensione imprescindibile della creazione contemporanea. Dopo una fase di transizione in cui il concettuale si mescola alla pittura e alla scultura in opere come Rembrandt (1978-1982), Monitor, Bandiere, Pedane (1985 -1989), nel 1989 Baruch incontra il gallerista Luciano Inga Pin con cui lavorerà per diversi anni. Il confronto diretto con il mercato dell’arte avrà grande influenza sull’opera dell’artista che nel 1991 fonda il marchio Name Diffusion, con l’obiettivo di rendere visibile la catena di produzione dell’opera d’arte. Dal 1993 al 2012 lavora e vive a Parigi ed espone in importanti mostre tra cui Femmes Publiques presso il Palais De La Femme (1994). In questi anni si interessa sempre più a tematiche socio politiche, dando vita a progetti che toccano temi di attualità quali la genetica, l’immigrazione e il fenomeno dei “sans papiers”. Le ultime fasi del suo percorso artistico sono segnate da una progressiva perdita della vista. A partire dal 2012 si dedica ad una serie di lavori costituiti da scarti tessili provenienti dagli atelier di confezione delle grandi case di Prêt-à-porter che l’artista reinventa e allestisce facendo affiorare immagini, volti, memorie del passato. #marionbaruch ha esposto in spazi pubblici e privati ed importanti istituzioni tra cui Kunstmuseum (Lucerna), Mamco (Ginevra), Magasin (Grenoble), Palais de Tokyo (Parigi), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Mambo (Bologna), Gröninger Museum (Groninga, Olanda), Turner Contemporary (Margate, UK), Fri-Art Kunsthalle (Friborgo, Svizzera), Kunst Werke (Berlino), Maga (Gallarate). L’archivio dell’opera di #marionbaruch è in corso di allestimento sotto la guida del curatore svizzero Noah Stolz.
ALESSANDRO CALABRESE
Trento, 1983. Vive e lavora a Milano.
Dopo la laurea in Architettura allo IUAV di Venezia, nel 2012 ottiene a Milano un Master in Photography and Visual Design presso NABA (Nuova Accademia delle Belle Arti) e si trasferisce ad Amsterdam dove assiste il fotografo Hans Van Der Meer e lavora presso Paradox, maturando il proprio interesse per l’editoria fotografica. Dal 2015 è docente presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo. Nel 2013 è finalista alla prima edizione del Premio Francesco Fabbri e nel 2014 cura insieme a Milo Montelli il libro A Drop In The Ocean, vincitore del Premio Prina ed esposto in occasione del Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia e presso la Triennale di Fotografia di Amburgo. Nel 2015 con lo stesso progetto è selezionato per il Premio Francesco Fabbri e viene invitato a presentare il proprio lavoro presso Winterthur Fotomuseum in occasione di Pla(t)form. Finalista al Prix Levallois 2015 (Parigi), pubblica insieme alla casa editrice Skinnerboox Die Deutsche Punkinvasion poi esposto durante il Festival Fotopub di Novo Mesto (Slovenia). Selezionato da Foam nel 2015 tra i 21 talenti emergenti della fotografia internazionale, è in mostra presso l’Atelier Neerlandais (Parigi), De Markten (Bruxelles) e Beaconsfield Gallery (Londra) con il progetto A Failed Entertainment. Con lo stesso progetto partecipa alla collettiva 2016 - Sulla Nuova Fotografia Italiana presso #Viasaterna (Milano) e vince il Premio Graziadei presso il Museo MACRO (Roma). Nel 2017 viene invitato ad esporre A Failed Entertainment durante Fotografia Europea (Reggio Emilia) all’interno della collettiva Archivi del Futuro curata da Walter Guadagnini, Elio Grazioli e Diane Dufour. Nella stessa occasione viene presentato l’omonimo libro, pubblicato da Skinnerboox. Nel 2017 presenta con #Viasaterna la sua prima #mostra personale Impasse e nel 2018 partecipa a Casino Palermo, un programma di residenze ospitato a Palermo dalla galleria milanese. Nel 2017 presenta con #Viasaterna la sua prima #mostra personale Impasse a cui seguono ì tre mostre personali tra il 2018 e il 2019 presso la Galleria Pascal Goossens (Bruxelles), Unseen Photo Fair (Amsterdam) ed il museo MAXXI (Roma).
FEDERICO CLAVARINO
Torino, 1984. Vive a lavora a Milano
Dopo aver studiato scrittura creativa presso la Scuola Holden di Alessandro Baricco a Torino, ha continuato a perseguire una carriera nella fotografia documentaria presso BlankPaper Escuela diretta da Fosi Vegue a Madrid, dove insegna tra il 2012 e il 2017. Attualmente sta terminando il suo Master of Research presso il Royal College of Art di Londra. Il lavoro di Clavarino è incentrato tocca temi come il potere, la storia e la rappresentazione. Finora ha pubblicato sei libri: Ukraina Pasport (Fiesta Ediciones, 2011), Italia o Italia (Akina, 2014), The Castle (Dalpine, 2016), La Vertigine (Witty Kiwi, 2017), Hereafter (Skinnerboox, 2019) e Alvalade (XYZ, 2019). Il suo lavoro è stato esposto in diverse parti d'Italia e d'Europa, in festival come PhotoEspaña, Les Recontres d'Arles e Fotofestiwal Łódź, in gallerie, tra cui #Viasaterna a Milano, Temple a Parigi, Espace JB a Geneve e musei (Caixa Forum Madrid / Barcellona, MACRO Roma). Ha collaborato con alcuni musei per conferenze e workhop (MACRO a Roma, CCCB a Barcellona, Museo San Telmo a San Sebastian, Victoria and Albert Museum a Londra), in alcune scuole (ISSP in Lettonia, DOOR e Officine Fotografiche a Roma) e università (Leeds, Roehampton, Galles del Sud, Navarra).
GIANLUIGI COLIN
Pordenone, 1956. Vive e lavora a Milano.
Nato a Pordenone nel 1956, Gianluigi Colin conduce da molti anni una ricerca artistica intorno al dialogo tra le immagini e le parole. Il suo lavoro nasce come investigazione sul passato, sul senso della rappresentazione, sulla stratificazione dello sguardo. Una poetica dal forte impegno civile ed etico, che vuole restituire all’esperienza artistica che vuole restituire all’esperienza. Personalità eclettica, Colin è stato è stato per molti anni art director del “Corriere del Sera”, attualmente è cover editor del supplemento culturale “La Lettura” di cui è stato co-fondatore. Tiene conferenze, seminari e corsi universitari ed è autore di numerosi saggi, articoli e interviste dedicati all’arte contemporanea. Sue personali si sono tenute in numerose città italiane a straniere. Tra le sue mostre, da segnalare quelle dell’Arengario di Milano, nel 1998, al centro Cultural Recoleta di Buenos Aires nel 2002, al Museo Manege di San Pietroburgo, nel 2003, al MADRE di Napoli, al Bienal del Fin del Munto di Ushuaia, al Museo IVAM di Valencia nel 2011, alla Fondazione Marconi a Milano nel 2012, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone e al Museo MARCA a Catanzaro nel 2016. Protagonista di performance è stato invitato all’IVAM di Valencia nel 2009 e selezionato per il Padiglione Italiana nella 54esima Biennale d’arte di Venezia.
BARBARA DE PONTI
Milano, 1975. Vive e lavora a Milano.
Dopo la laurea in Pittura e un master per la Comunicazione dell’Arte presso l’accademia di Belle Arti di Brera a Milano, si interessa alle relazioni tra pratica artistica e saperi geografici, utilizzando per la propria ricerca fondi archivistici e ampi studi di carattere storico e scientifico. Nel 2009 realizza Planning Constellation, 45° 28’ N, 9° 12’ E, progetto di stratificazione geografica, antropologia culturale e architettura della città di Milano e Speaking Thinks. Nel 2010 collabora con il Planetario Hoepli di Milano per la realizzazione di La luce naturale delle stelle, vincitore di LED Award. Nel 2011 è invitata dal Politecnico di Milano a presentare la performance Mantero_Op. cit. 2011 e nel 2014 pubblica Isolario (Ed. Postmediabooks) frutto di un lavoro di ricerca curato da Alessandro Castiglioni e con contributi di Matilde Marzotto Caotorta, Elio Franzini ed Ermanno Cristini. I risultati di una ricerca presso l’Archivio Capitolino e la collaborazione con l’architetto Antonio Stella Richter sono le fonti di To Identity, installazione prodotta nel 2015 dalla Casa dell'Architettura di Roma presso l’ex Acquario Romano. Ospitato dal Museo Internazionale della Ceramica, dal Museo Carlo Zauli, dal Museo di Scienze Naturali di Faenza, Clay Time Code è il suo ultimo progetto, presentato per la prima volta a Milano presso #Viasaterna.
TERESA GIANNICO
Bari, 1985. Vive e lavora a Milano
Laureata in Arti Figurative presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, si specializza in Disegno e Pittura maturando tuttavia un forte interesse per la scenografia e il teatro e avvicinandosi a poco a poco alla fotografia. Nel 2012 si trasferisce a Milano e frequenta il Master in Photography and Visual Design presso NABA (Nuova Accademia delle Belle Arti) e lavora come assistente dei fotografi Paolo Ventura e Toni Thorimbert. Dopo la partecipazione a Plat(t)form 2015 presso il Fotomuseum di Winterthur (Svizzera) è chiamata ad esporre il suo lavoro in occasione di Fotopub Festival a Novo Mesto (Slovenia) e Circulation(s) (Parigi, 2016). Nel 2015 è finalista al Premio Francesco Fabbri con la serie di opere intitolata Lay Out e nel 2016 espone quest’ultima nella #mostra collettiva Sulla Nuova Fotografia Italiana (Viasaterna, Milano). Nel 2018 è selezionata tra i fotografi di Futures, piattaforma per la fotografia curata da Camera, ed espone ad Unseen (Amsterdam) e a Camera (Torino). E’ artista in residenza per il progetto Casino Palermo (Viasaterna, Palermo, giugno - luglio 2018) e successivamente partecipa all’omonima mostra collettiva negli spazi milanesi della galleria (ottobre-dicembre 2018) a cui segue la prima personale Kaleidos in #Viasaterna (gennaio 2019) e le mostre collettive Erosioni presso Fundaciò Enric Miralles (Barcellona, 2019), Sguardo Lucido presso Fotohof (Salisburgo, 2019) e Photo Israel (Tel Aviv, 2019) e per il Premio Cairo (Milano, 2019).
GUIDO GUIDI
Cesena, 1941. Vive e lavora a Cesena.
Dal 1956 è a Venezia dove studia prima Architettura allo IUAV e successivamente Disegno industriale, seguendo tra gli altri i corsi di Luigi Veronesi, Carlo Scarpa e Italo Zannier. È nel clima vivace del periodo veneziano che decide di dedicarsi con continuità alla fotografia, indirizzando il proprio sguardo verso gli spazi marginali e anti-spettacolari del paesaggio italiano. Dalla fine degli anni sessanta realizza importanti ricerche personali, indagando il paesaggio e le sue trasformazioni e sperimentando al contempo il linguaggio fotografico attraverso progetti di ricerca legati alle trasformazioni delle città e del territorio, fra cui Archivio dello Spazio (1991 Provincia di Milano), le indagini sull’edilizia pubblica dell’Ina-Casa (1999) e quelle per Atlante Italiano (a cura della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea). Alla professione di fotografo affianca da anni attività di didattica e promozione della fotografia: nel 1989 avvia a Rubiera, con Paolo Costantini e William Guerrieri, Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea. Dallo stesso anno è docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e dal 2001 insegna presso lo IUAV di Venezia. Tra le altre mostre ha esposto in prestigiose Istituzioni museali italiane e internazionali quali Fotomuseum Winthertur, Biennale d’Arte e di Architettura di Venezia, Canadian Centre for Architecture di Montreal, Guggenheim Museum di New York e Centre Georges Pompidou di Parigi.
TAKASHI HOMMA
Tokyo, 1962. Vive e lavora a Tokyo
Takashi Homma è un fotografo giapponese tra i più noti e celebrati. Dopo aver lavorato a Londra come fotografo commerciale per alcune importanti riviste internazionali, a partire dagli Novanta si concentra sempre più sull’analisi territoriale, eseguita prima in Giappone e poi in tutti il mondo, e sull'analisi dello stesso linguaggio fotografico che utilizza. Protagonista di una grande mostra retrospettiva presso il 21st Century Museum di Kanazawa e la Tokyo City Opera Art Gallery. Nel 2014 inizia il progetto The Narcissistic City, pubblicato nell'aprile 2016 dall'editore inglese Mack Books e focalizzato sull'analisi degli edifici più rappresentativi e iconici di numerose città. La #mostra in #Viasaterna La città narcisista. Milano e altre storie è la sua prima personale in Italia e presenta in esclusiva una nuova serie di opere dedicate alla città di Milano e realizzate nel gennaio 2017.
TAMI IZKO
Cochabamba, Bolivia, 1984. Vive e lavora a Milano.
Dopo aver conseguito una laurea in cinema e giornalismo e, a partire dal 2016, ha iniziato un periodo di sperimentazione con diversi medium avvicinandosi al discorso sulla forma in parallelo alla scrittura. Nel contesto di questa ricerca ha iniziato a collaborare con Federico Clavarino nel 2018, sviluppando la serie Eel Soup che è stata esposta a Bruxelles, (Pinguin, 2018) in Polonia, a Łódź (Fotofestiwal, 2018) e all’Istanbul Biennal (2019). Lo scorso anno il suo progetto On Light and Small Lives, un racconto costituito da immagini e scrittura creativa, è stato esposto al Royal College of Art (Londra, 2019). Attualmente sta sviluppando nuovi progetti multidisciplinari
esplorando tematiche legate all'identità, la memoria e l'appartenenza all’ambiente urbano.
KENSUKE KARASAWA
Aichi, Giappone 1987. Vive e lavora a Tokyo.
Allievo di due tra i più importanti esponenti del gruppo di artisti del Mono-ha (Kishio Suga e Tatsuo Kawaguchi), dopo aver conseguito una laurea in Fine Art Sculpture presso il Kanazawa College of Art, inizia ad affermare la sua pratica caratterizzata dall’utilizzo originale di materiali semplici quali il legno, la cera e nastri di carta, assemblati tra loro per creare, attraverso la scultura, nuove possibilità di visione. Tra le mostre personali: Kensuke Karasawa 2012-2015, Star Gallery (Pechino, 2015), Continuous Horizon, Take Ninagawa (Tokyo, 2012 – Kanazawa, 2014), Penetrate, Plaza Gallery (Tokyo, 2012). Tra le mostre collettive Objects In Mirror Are Closer Than They Appear, The Three Konohana (Osaka, 2015), Nini No Fumoto - The Reflected Process, Nagoya Citizens Gallery Yada (Aichi, 2014) e Art Award Tokyo Marunouchi, Gyoko-dori Underground Gallery (Tokyo, 2013). Due Mondi è la sua prima #mostra in Italia.
MARIO MILIZIA
Milano, 1965. Vive e lavora in Italia.
Mario Milizia ha esposto il suo lavoro in Italia e all’estero in spazi pubblici e gallerie private. Tra le mostre più significative le personali: Marsèlleria, Milano, 2014; Galerie Jousse Entreprise, Parigi, 2001, 2003, 2009; Galerie Edward Mitterand, Ginevra, 2002; Niitsu Art Forum, Niitsu, Giappone, 2000; Neon, Bologna, 1998; Soundtrack Without Film, in Viafarini, Milano, 1996.
WANG QIANG
Pechino, 1981. Vive e lavora tra la Germania e la Cina.
Dopo il diploma presso il dipartimento di Printmaking alla Central Academy of Fine Arts di Pechino, nel 1999 Qiang si trasferisce alla Kunstakademie di Dusseldorf sotto la guida del pittore tedesco Konrad Klapheck. Nel 2004 vince una borsa di studio presso Kultur Bahnhof Eller sempre a Dusseldorf. I suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre collettive quali MEMO II (2014) and MEMO I (2013) presso la galleria White Space di Pechino e The Future is already here (2011) presso Today Art Museum di Pechino. Tra le mostre personali HOLZWEGE (White Space Beijing 2013), Venus Hotel (White Space Beijing 2011), Well Lighted Places (Yun Gallery, Pechino 2010) e Kultur Bahnhof (Dusseldorf 2004).
ELENA RICCI
Roma, 1973. Vive e lavora Milano.
Completa un primo ciclo di studi, dal 1998 al 2002, a Parigi all'Ecole Nationale Superièure d'Arts Paris-Cergy, dove fa esperienza con vari media, approfondendo il suo interesse per la pittura e per il disegno. Fin dall'inizio la sua ricerca artistica è profondamente legata all'ambito della psicologia, dell'antropologia, della mitologia e delle religioni. Nel 2002 torna a Roma dove prosegue la sua ricerca artistica e prende parte a varie mostre collettive. Dal 2008 vive a Milano, dove ha esposto le sue opere in alcune mostre personali presso Galleria Uno+Uno nel 2011 e dal 2012 al 2015 in alcune home galleries fra cui Da Vicino. Dal 2015 si concentra sulla sua ricerca e la produzione di nuovi progetti.
FRANCESCA RIVETTI
Milano, 1972. Vive e lavora a Milano.
Attiva nel mondo della fotografia dalla fine degli anni Ottanta, tra il 1993 e il 1994 studia presso l’Edinburgh College of Art e successivamente lavora in diversi ambiti di questo settore. Dal 2005 si dedica esclusivamente alla ricerca, fotografando indistintamente luoghi, oggetti e persone con l'obiettivo di riflettere sulla condizione dell'essere e i suoi molteplici stati. Tra le mostre principali: L’altro Sguardo, Palazzo delle esposizioni (Roma, 2018), Back to Space, BACO (Bergamo, 2018),
Look at Me, from Nadar to Gursky, Unicredit Pavillon (Milano, 2016), Breath Keepers, MLZ (Trieste, 2014), Al di là delle immagini, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2014), Francesca Rivetti, Da Vicino Home Gallery (Milano, 2012), No Soul For Sale, Festival of Independent, Tate Modern (Londra, 2010). Due, Fondazione Fotografia Modena (2009), Estremi del libro d'artista / Resoconto, Cripta747 (Torino, 2009), Terzo Paesaggio. Fotografia italiana oggi, MA*GA (Gallarate, 2009), New Landscape, Kunst Palais (Monaco, 2006). Francesca Rivetti , Galleria Brancolini Grimaldi (Roma, 2005). Per Esempio, MART (Rovereto, 2005), Da Guarene all’Etna, FSRR (2003, 2006 e 2009), L’idea di paesaggio nella fotografia italiana dal 1850 ad oggi, Galleria Civica di Modena (2003). Il suo lavoro è presente in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui: FSRR, Torino; MA*GA, Gallarate; Fondazione Fotografia di Modena; Unicredit Group.
ALESSANDRO TEOLDI
Milano, 1987. Vive e lavora a New York.
Dopo una laurea presso l’Istituto Europeo di Design di Milano, nel 2013 si trasferisce a New York. Qui studia fotografia presso il Bard College e inizia a portare avanti la propria ricerca dando vita a progetti artistici e curatoriali tra cui Each Evening We See the Sunset, esposto a Milano presso Spazio Morris nel 2013 e Collected Goods a New York (2014). Nel 2015 viene selezionato per una residenza presso Baxter St – The Camera Club of New York ed in seguito a questa esperienza inizia progressivamente a distanziarsi dalla fotografia e ad avvicinarsi ad altri linguaggi artistici tra cui l’installazione, la scultura ed il ricamo. Dal 2016 si dedica ad una serie di lavori tessili, realizzati utilizzando le coperte distribuite sugli aerei dalle compagnie di volo internazionali, che l’artista trova o acquista online. La serie è una sorta di intima meditazione sui temi del distacco e dell’appartenenza ad un certo luogo e ad una certa cultura. Recentemente il suo lavoro è stato esposto in spazi pubblici e privati tra cui ALAC (Los Angeles, 2020), Marinaro (New York, 2020), NADA (Miami, 2019), XX Premio Cairo (Milano, 2019), Upstairs Art Fair (New York, 2019), Assembly Room (New York, 2019), The Cabin (Los Angeles, 2018), Jerome L. Green Science Center (New York, 2018), Galerie Derouillon (Parigi, 2018), Newburgh Community Land Bank (New York, 2018), Suprainfinit Gallery (Bucharest, 2018), Spring Break Art Show (New York, 2018), 11 Rivington (New York, 2017), Klaus Von Nichtssagend Gallery (New York, 2017), Camera Club of New York (New York, 2016), Spazio Morris (Milano, 2013), Artspace (New Haven, 2013) e International Center of Photography (New York, 2013). È stato finalista per il Premio Cairo, Milano (2019) ed è stato selezionato per delle residenze a La Brea Studio Residency e The Cabin, Los Angeles (2018).
LORENZO VITTURI
Venezia, 1980. Vive e lavora Venezia e Londra.
Precedentemente pittore di scenografie cinematografiche, Vitturi ha trasposto questa esperienza all’interno della propria pratica fotografica, basata su interventi site-specific al confine tra la fotografia, la scultura e la performance. Nel lavoro di Vitturi la fotografia è concepita come uno spazio di trasformazione, ove le differenti discipline si fondono assieme per rappresentare una sempre più complessa realtà urbana. Vitturi ha recentemente esposto presso The Photographers’ Gallery a Londra, il museo Foam ad Amsterdam, presso la Galleria Yossi Milo di New York, la Contact Gallery di Toronto ed il CNA in Lussemburgo. L’artista ha anche partecipato a diverse mostre collettive presso il Maxxi di Roma, il Centre Georges Pompidou di Parigi, La Triennale di Milano, il museo d’Arte di Shanghai. Dopo la collettiva Picture Perfect (Viasaterna, Milano), Droste Effect Debris and Other Problems è la sua prima personale in Italia.
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