La Galleria Poggiali di #pietrasanta, apre la stagione estiva delle mostre con una personale di Francesca Banchelli (Montevarchi, 1981) a cura di Sergio Risaliti, Direttore artistico del Museo Novecento di Firenze. L’inaugurazione è fissata per sabato 22 maggio 2021 dalle ore 17.30. Mille giorni contano è il titolo che l’artista ha scelto per presentare i suoi dipinti e le sue sculture - in totale una ventina di opere - che saranno visibili con ingresso libero nella project room di via Garibaldi 8 e nella suggestiva sede dell’Ex-Fonderia d’Arte Luigi Tommasi di via Marconi 48, sempre a #pietrasanta.
Recentemente Francesca Banchelli ha tenuto una #mostra al Museo Novecento di Firenze, partecipando al progetto “Duel” in dialogo con un’opera di Scipione, così come ha nel suo palmares importanti apparizioni in istituzioni italiane e straniere come il Museo Pecci a Prato, Villa Romana a Firenze, il Macba di Barcellona, la Tate modern di Londra. La sua ricerca spazia dalla #pittura alla scultura, dal disegno alla performance, al video.
I dipinti dell’artista toscana ci invitano a riconsiderare la potenza narrativa della #pittura: attratti da una ricerca sul colore nella sua versione magico-espressiva, seguiamo un flusso di apparizioni figurative, uomini, donne, fanciulli, cani, volatili, animali selvatici, che vivono in un mondo naturale, rigoglioso di piante e di acqua, spazzato via da una tempesta, a volte oscuro come in una plumbea notte.
Quelli di Banchelli sono tuttavia paesaggi del profondo, luoghi dell’anima che ospitano esperienze dall’inconscio personale e collettivo. La cronaca, la storia, perfino la vita quotidiana, hanno una loro risonanza archetipica e surreale; l’aneddoto, il ricordo, il dato oggettivo vengono trasfigurati in un immaginario onirico che include nelle sue scene passato e futuro, il remoto e il futuro, l’incognito e la previsione. Sogno, profezia, reminiscenza o prefigurazione la sua poetica attraversa e restituisce un linguaggio pittorico al micro e la macrocosmo, in una dimensione che attraversa il tempo cronologico, tra diurno e notturno. I dipinti allora diventano come rituali in cui la conoscenza più profonda e veggente coincide con la luce del colore e la eloquenza delle figure; il quadro ci parla, sussurra e ci lascia fantasticare offrendoci la possibilità di riattivare le nostre capacità proiettiva, di immaginare e connettere tutto il sapere dell’inconscio con i dati reali, l’anima individuale con l’anima mundi. In questo senso i suoi dipinti sono atti performativi che ci coinvolgono singolarmente e collettivamente. E come ogni rituale o performance le sue opere pittoriche possono servire come esperienza di traslazione e catartica, in quanto hanno una loro natura o potenza demiurgica.
In tal senso i suoi dipinti risultano narrativi, ma solo a un primo livello di lettura. Le sue composizioni ci impongono un approfondimento mentale ed emozionale. Dopo una prima fase di godimento per il tipo di esecuzione – leggera, veloce, intensa, ricca di sfumature – viene da domandarsi quale sia il significato delle singole figure e degli oggetti in scena, e quali i loro nessi. Il racconto sfugge ma sotteso si intuisce. La #pittura è ancora cosa mentale, ma di un pensiero dell’immagine che scaturisce dal cuore, dall’immaginario del profondo. La #pittura aggiunge qualcosa di specifico, un’alterità che le è propria. Crea mondi e storie che possono essersi esaurite e che stanno per avvenire, magari ripetersi, differenti e inedite.
«La #pittura – dice Francesca Banchelli – mi porta ad esplorare dei territori che sono introvabili con gli altri mezzi. La #pittura approfondisce e satura immaginari che si sono creati lavorando su concetti e pensieri, immaginari così stabili che ritornano instabili, diventano realtà pronte a schiudersi ed essere raccontate con risvolti impensabili, se non attraverso l’uso della pittura».
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