Cookie Consent by Free Privacy Policy website La Ninfa addormentata e le sue teste
giugno 11, 2021 - Raffaello-Colocci

La Ninfa addormentata e le sue teste

Jesi, giugno 2021 - Uno dei pezzi più suggestivi della #mostra Raffaello e Angelo Colocci – Bellezza e Scienza nella costruzione del mito della Roma antica - è la scultura della Ninfa addormentata, chiamata anche Cleopatra, per la somiglianza con la analoga scultura del Belvedere Vaticano. Una scultura romana che risale al II secolo d.C. la cui curiosa storia riferita alle sue molteplici teste la rende un’opera singolare oltre che bellissima. Testimonianza di come ogni epoca – sin dall’antichità – abbia avuto canoni estetici propri, che in qualche modo hanno accompagnato, mutato e codificato le arti, gli studi e gli stili di vita.

La Ninfa addormentata fu ritrovata plausibilmente alla fine del XV secolo a Roma, senza testa, finita chissà dove chissà quando. La testa fu verosimilmente inserita quando la scultura trovò collocazione nel giardino umanistico romano Colocci/Del Bufalo, tra 1513 e 1521/22; molto probabile che sia stato Angelo Colocci a commissionarla: si tratta dunque di quella che attualmente si vede nella #mostra di Palazzo Pianetti, conservata agli Uffizi di Firenze, da cui proviene.

Il giardino di Colocci a Roma, aveva infatti una grotta con una iscrizione epigrammatica (genere abitualmente coltivato dallo studioso jesino) dedicata ad una ninfa dormiente “Huius nympha loci sacri, custodia fontis / Dormio, dum blande sentio murmur aquae. / Parce meum, quisquis tangit cava marmora, somnum / rumpere. Sive bibas sive lavere tace”. “In quanto ninfa custode di questo luogo sacro, dormo mentre ascolto il lento scorrere di queste acque. Chiunque tu sia che ti avvicini a questa grotta, per bere o per lavare, non interrompere il mio sonno”.

Poiché nel giardino Colocci si tenevano declamazioni poetiche, la Ninfa, dai lineamenti gentili, rappresentava quindi lo stato di invasamento poetico sottolineato dalla espressione di estasi e beato abbandono. Dopo la morte del Colocci, la Ninfa fu ceduta e venne collocata a Villa Medici, a Roma, fino al diciottesimo secolo, quando molte collezioni medicee vennero trasferite a Firenze.

A quel punto la Ninfa subì una nuova modifica: la testa fatta allestire dal Colocci fu sostituita con un’altra, più melodrammatica, che sceneggiava in maniera più teatrale e barocca il gusto del tempo. In sostanza un “aiutino” ai contemporanei dell’epoca che avevano idealizzato la bellezza classica per ritrovarci gli ingredienti estetici che cercavano.

Se la testa colocciana sottolinea lo stato di sonno, connesso all’invasamento poetico, l’altra cercava di intercettare il gusto del suo tempo, rappresentando bene nell’età neoclassica, una sensibilità che cercava nel mondo antico la contrapposizione tra apollineo e dionisiaco, tra la pace e serenità del classico e il pathos della tragedia.

Successivamente, in età ottocentesca, nel 1883, quando si torna ad apprezzare la filologia e la ricostruzione di una pretesa “verità” storica, la testa precedente (ma era quella del XVI secolo fatta scolpire dal Colocci), fu ritrovata a Firenze dal direttore del #museo archeologico, Adriano Milani, e fu ricollocata al posto di quella settecentesca: un’indicazione del nuovo gusto “archeologico” che coltivava il mito dell’autentico di quel periodo.

Infine, negli anni 20/30 Aby Warburg, grande storico dell’arte tedesco, fondatore dell’Istituto Warburg, raccolse un repertorio di antiche immagini, le pathosformeln, cioè immagini “patetiche” che si caratterizzavano per un forte carattere emotivo ed erano state capaci di sopravvivere nei secoli fino ad oggi, come quelle connesse ai segni zodiacali, chiamato “Mnemosyne” (la Musa della storia/memoria), e vi collocò anche questa figura. Si trattava infatti di una immagine che rappresentava una figura che era stata capace di sopravvivere dall’antichità fino al mito popolare della “Bella addormentata” che ispirò Charles Perrault, i fratelli Grimm, e pure Walt Disney, per la famosa fiaba.

Maggiori informazioni nel comunicato stampa da scaricare