Cookie Consent by Free Privacy Policy website Non fiori ma opere di bene - L’ultimo romanzo di Elisa Fuksas
dicembre 09, 2022 - Museo del Novecento

Non fiori ma opere di bene - L’ultimo romanzo di Elisa Fuksas

Mercoledì 14 dicembre, alle ore 18:00, il #museonovecento presenta l’ultimo romanzo della regista e scrittrice Elisa Fuksas (Roma, 1981), Non fiori ma opere di bene, edito da Marsilio Romanzi (2022).  
Durante l’incontro, che si svolgerà alla presenza dell’autrice, interverranno: Sergio Risaliti, direttore del #museonovecento; Alberto Severi, giornalista; Marco Vichi, scrittore.

La protagonista di questo romanzo si chiama #elisafuksas, come l’autrice, ed è #elisafuksas, almeno nelle intenzioni e nei desideri. Soprattutto nella ricerca. Tre anni or sono, Elisa era in piedi, la notte di Pasqua, nel battistero di Firenze, aveva trentasette anni e, dopo un periodo di avvicinamento e studio della religione cattolica, aveva deciso di battezzarsi, sollevando un coro di santità ed eccezioni, dalla famiglia, al confessore, al vescovo, fino a lei stessa e ai passanti. Ma in fondo sono le incertezze e le certezze che rendono umani, l’accesso a un’eternità a venire. Alla santità, anche, perché no. Non fiori ma opere di bene, a metà tra videogioco e romanzo cavalleresco, racconta le vicende della protagonista che, ormai battezzata e convinta delle possibilità e delle promesse del battesimo, si mette alla ricerca, nel cimitero del Verano a Roma, della tomba di famiglia del nonno paterno. Tomba di famiglia di cui tutti parlano e dicono, sulla quale tutti conoscono aneddoti e storie, della quale il padre – con la memoria architettonica e quantitativa che forse aveva già ma che il mestiere gli ha esercitato – indica addirittura la posizione. Solo che questa tomba, come certe radici, certe origini, certe appartenenze pure, non si trova. C’è, ma non si trova, non è dove tutti dicono che sia. E così, tra arciconfraternite che gestiscono porzioni di cimitero, vite che si intrecciano alle bacche dei pioppi, a vialetti che paiono condurre in un certo luogo e invece divergono verso un altrove non sempre confortante, e medium torinesi, la protagonista, così come si è appropriata, attraverso il battesimo, dell’eternità a venire, si appropria e soprattutto ci regala l’unica eternità accessibile agli esseri umani, come ha scritto Simone Weil: il passato. E lo fa rimettendo insieme i tanti e disparati tasselli che compongono la misteriosa figura di nonno Raimundas, «evanescente, evaporato, lieve», che nell’Italia delle leggi razziali, per sfuggire ai nazisti e ai fascisti, avendo un cognome ebraico la madre aveva battezzato, così da assicurargli un minimo di futuro.

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