Cookie Consent by Free Privacy Policy website THE LAST LAMENTATION | prima assoluta | Certosa di Bologna e DAS - Dispositivo Arti Sperimentali, 1-4 febbraio 2024
gennaio 12, 2024 - Sara Zolla

THE LAST LAMENTATION | prima assoluta | Certosa di Bologna e DAS - Dispositivo Arti Sperimentali, 1-4 febbraio 2024

Viene presentata in prima assoluta a Bologna, nell'ambito del programma di ART CITY Bologna 2024, The Last Lamentation, l'opera video di Valentina Medda realizzata grazie al sostegno di Italian Council e destinata alle collezioni del MAMbo di Bologna.

Il video, ispirato alle lamentazioni funebri nel Mediterraneo, sarà proiettato negli spazi della Certosa di Bologna, in collaborazione con il Museo del Risorgimento e il MAMbo.

Le fasi preliminari del lavoro verranno presentate negli stessi giorni presso il DAS – Dispositivo Arti Sperimentali, all'interno della mostra collettiva "Dentro", a cura di Anna De Manincor, Lele Marcojanni e Maria Paola Zedda.

The Last Lamentation è il progetto artistico di Valentina Medda, attraverso cui l'artista indaga la tradizione del pianto rituale funebre nel Mediterraneo collocandola al centro della riflessione contemporanea.

Nell'ambito di ART CITY Bologna 2024, in occasione di Arte Fiera, viene presentata per la prima volta al pubblico negli spazi del Cimitero Monumentale della Certosa, in collaborazione con il Museo del Risorgimento, il MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna e NOS Visual Arts Production l'opera video realizzata grazie al sostegno di Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell'arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, che sarà destinata alle collezioni del MAMbo.

A cura di Maria Paola ZeddaThe Last Lamentation è un rituale funebre per il Mediterraneo, concepito dall'artista Valentina Medda, come luogo di attesa, sospensione e trapasso, incarnazione di un'assenza - deposito di cadaveri, e cadavere in sé. L'opera racconta la tragedia del mare attraverso un'ipnotica partitura vocale e coreografica che rielabora i codici rituali in forme contemporanee e astratte. La potente presenza di 12 donne piangenti, vestite di nero e in piedi accanto al mare, rende per contrasto più tangibile l'assenza dei morti e fa esplodere le loro voci silenziose.

Nelle parole di Maria Paola Zedda, curatrice del progetto: "Lontano dalla documentazione della performance, come dal film di narrazione, l'opera video è un racconto astratto dove la relazione tra corpo, pathos, paesaggio si stratifica per sistemi di assenza e presenza. Il lavoro sembra guardare a registri diversi che recuperano la suspence, lo straniamento e il perturbante della cinematografia tarkovskiana, in una pittorialità fiamminga bagnata da tinte sabbiose e orientali, che rimandano all'astrazione e alla composizione dell'immagine di certo cinema iraniano. La lentezza non è maniera ma tensione drammaturgica, sospensione, corrente immaginifica che lascia parlare il dettaglio, la lateralità, e ripercorre il venire alla luce di un'assenza e della coralità del rito. Da questo quadro emergono minuscole figure nere, laterali, ai margini del frame: è un corteo funebre, un avanzare, un prendere corpo, spazio, un rivestire di tenebra il mondo."

"Il lavoro è concepito come un rituale funebre per il mare" – dichiara l'artista Valentina Medda – "una performance partecipativa ispirata alla tradizione delle lamentazioni funebri in cui un gruppo di donne vestite di nero dà vita a un grido condiviso, un rito che guarda al coro come all'unico linguaggio possibile per raccontare una tragedia contemporanea. Nel piangere per il Mediterraneo e i suoi morti – continua l'artista – tento di ridare dignità, attraverso un'azione poetica e politica, a quelle vite considerate sacrificabili, quelle che non meritano nemmeno il lutto, come afferma la filosofa Judith Butler. In questo lavoro, infine, mi interrogo anche sulla natura del corpo da una prospettiva postfemminista, suggerendo la possibilità di un corpo liquido da un lato e di una creatura acquea dall'altro. La domanda su dove finisca il corpo e dove inizi lo spazio ha plasmato, di fatto, tutta la mia ricerca degli ultimi 10 anni, attraverso linguaggi diversi e in modi diversi, mettendo in discussione la distinzione tra la fisicità dell'individuo e la materialità esterna nel tentativo di creare una geografia incarnata e immaginare nuovi corpi ibridi, trovando il filo che lega tutte le materie vibranti, viventi e non".

L'opera video sarà fruibile da giovedì 1 a sabato 3 febbraio, in alcune fasce orarie pomeridiane e serali, presso il Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna. I processi preliminari del lavoro (storyboard, schizzi e altri materiali documentativi) saranno presentati nell'ambito della mostra "Dentro" a cura di Anna De Manincor, Lele Marcojanni e Maria Paola Zedda da giovedì 1 a domenica 4 febbraio presso il DAS – Dispositivo Arti Sperimentali di Bologna, in cui Lele Marcojanni, Valentina Medda e ZimmerFrei aprono il processo costruttivo dei loro ultimi lavori (rispettivamente: CRDPassaggi - The Last LamentationDe los muertos) e ne mostrano l'interno. Attraverso i lasciti delle protagoniste e dei protagonisti che li hanno percorsi, spacchettano le voci, le memorie e i segni che sono stati generativi delle opere finali, in una tessitura per interposta persona.

In particolare, presso il DAS il lavoro di The Last Lamentation, viene esposto in una sorta di "anticamera", in un luogo di sospensione, attesa, attraversamento, passaggio (da qui il titolo Passaggi – The Last Lamentation). Uno spazio chiuso e insieme mobile, che ripercorre l'itinerario della sua evoluzione, come una sonda. Del lavoro sono presentati gli aspetti processuali, i primi passi a Beirut quando il lavoro era in gestazione (A Collective Mourning), alcuni appunti visivi che sono preludio al futuro catalogo, gli elementi materici che fissano il movimento in forme scultoree e pieghe monumentali, le prime tracce dell'approdo in Sardegna. 

Il progetto è presentato da ZEIT (capofila), in partnership con MAN Museo d'arte della Provincia di NuoroTeatro di Sardegna, Arts Centre 404 / VierNulVier (Ghent, BE) e Flux Factory (New York) in collaborazione con la Fondazione Sardegna Film Commission e sostenuto da ARS - Arte Condivisa in Sardegna per la Fondazione di Sardegna (sponsor di progetto). L'opera sarà destinata alle collezioni del MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna. L'intero progetto sarà presentato in forma di mostra al MAN Museo d'arte della Provincia di Nuoro, nel marzo 2024. Partner culturali sono CareofBIG Bari International Gender FestivalRAMDOM, Sa Manifattura, Alchemilla.

L'artista è supportata dalla rete europea di larga scala Stronger Peripheries – A Southern Coalition grazie al sostegno di Teatro di SardegnaBunker Ljubljana, L'Arboreto Mondaino. 

L'antropologo Ernesto De Martino, nel suo saggio Morte e pianto rituale, descrive il lamento funebre come un'azione rituale circoscritta da un orizzonte mitico.

Il lamento funebre è un rituale che aiuta la persona in lutto a superare il dolore della propria perdita attraverso il sostegno della comunità. Esistente fin dall'antico Egitto, è comune a quasi tutti i paesi del Mediterraneo e in alcuni di essi ancora sporadicamente in uso. Praticato da donne anziane, talvolta pagate per partecipare al funerale, consiste in un pianto forte e teatrale accompagnato da gesti ripetitivi e da litanie codificate, testi epici che ricordano e celebrano l'individuo scomparso. Il saper piangere delle donne, delegate a farsi carico di un dolore che talvolta non gli appartiene, deve scongiurare l'inebetimento della persona colpita dal lutto, la possibilità della perdita del senno. Nel prostrarsi per qualcuno a loro distante, le donne rinnovano però anche la memoria per i propri cari, riconnettendosi con il loro dolore e dandogli nuovo spazio.